«Il nostro candidato era Franco Marini, piaceva anche a Bossi»

L’elezione di Giorgio Napolitano raccontata da Emilio Del Bono, deputato Margherita-Ulivo XIII, XIV, XV Legislatura
Il sindaco di Brescia Emilio Del Bono - © www.giornaledibrescia.it
Il sindaco di Brescia Emilio Del Bono - © www.giornaledibrescia.it
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Nel 2006 tra i partiti non c’era un’intesa su un candidato unitario, come era successo 7 anni prima con Carlo Azeglio Ciampi. Sull’elezione del Presidente della Repubblica si proiettano, in tal senso, le profonde divisione che attraversano il sistema politico. Il Paese in quegli anni fa i conti con un bipolarismo muscolare che porterà il 10 maggio 2006 all’elezione di Giorgio Napolitano alla quarta votazione con i soli voti del centrosinistra. È il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, deputato ulivista con Popolari e Margherita tra il 1996 e il 2008 a ricordare quel momento storico.

Come era il clima politico in quei giorni?

Nel 2006 il centrosinistra aveva vinto le elezioni con una maggioranza molto risicata e già si capiva che si sarebbe aperta una Legislatura molto faticosa. Alla vigilia del voto per il nuovo presidente della Repubblica per molti di noi della Margherita il nome giusto come successore di Ciampi era Franco Marini. Fui mandato anche in avanscoperta per sondare il gradimento anche di altri gruppi proprio su Marini. Ad esempio la Lega ed in particolare Umberto Bossi lo consideravano un candidato gradito, per la sua storia personale e politica e anche per il suo essere alpino.

Ma la candidatura di Marini non decollò mai veramente.

No perché nel centrosinistra prevalse la somma delle sensibilità di varie anime e a quel punto prese quota la figura di Napolitano, che era gradita anche a noi che invece eravamo contrari all’ipotesi di Massimo D’Alema. Il centrodestra, che nelle prime votazioni aveva portato avanti la candidatura di Gianni Letta, alla quarta votazione scelse di votare scheda bianca, ma nel 2013 avrebbe appoggiato la riconferma di Napolitano al Quirinale.

Giorgio Napolitano
Giorgio Napolitano

Che valutazione del settennato di Napolitano?

Da parlamentare ho vissuto appieno quello di Ciampi che è stato decisivo nel recupero e nel rilancio dell’orgoglio patriottico e della sua simbologia che avevano iniziato un po’ ad ingrigirsi. Con Napolitano al Quirinale è arrivata una figura oltre che autorevole anche di grande abilità politica. E questo lo testimonia la capacità mostrata nell’affrontare la crisi del governo Prodi che ha portato allo scioglimento delle Camere nel 2008 e successivamente alla crisi del governo Berlusconi e il conseguente arrivo di Monti. La sua capacità è stata riconosciuta a quel punto da tutte le forze politiche e non è un caso che nel 2013 vi sia stata una convergenza per la sua riconferma. Credo che sia Ciampi sia Napolitano siano stati due ottimi presidenti.

Secondo lei il Capo dello Stato come deve interpretare il proprio ruolo?

Non credo al presidente notaio. Tanto per cominciare la Costituzione affida al presidente un potere straordinario: punto apicale di Forze armate e Csm, oltre che anello di organizzazione dell’equilibrio tra i poteri dello Stato. Sul fronte della politica interna il presidente della Repubblica è portatore di una forza «ostetrica» quando il sistema si impalla e deve favorire la nascita di un governo. Nella politica internazionale con il passare degli anni il presidente ha acquisito un suo potere ed una sua autorevolezza nell’Ue e nella Nato.

Come vede le attuali difficoltà nell’individuare un candidato?

Sono la conferma e la dimostrazione della consapevolezza da parte dei partiti che non stanno per eleggere una figura notarile. L’idea che al Quirinale ci sia una figura grigia è sbagliata e lo si vede proprio nel momento in cui contribuisce a far nascere governi e si pone come punto di equilibrio. Senza dimenticare un altro elemento, ovvero il rapporto diretto con i cittadini. Dalla presidenza Pertini in poi il Capo dello Stato parla al popolo e dagli italiani è percepito come una figura stabile. Questo perché non patisce l’instabilità politica che può condizionare i governi e i partiti, la sua figura non viene logorata.

(5-continua. Qui la quarta puntata)

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