Il caso Ferragni non turba la solidarietà bresciana: «Siamo trasparenti»

Il pandoro di rosa vestito venduto facendo intendere che una parte del ricavato sarebbe andata a un ospedale (quando invece la donazione era già stata fatta), la sanzione dell’Antitrust, le indagini delle Procure, le scuse, la donazione-riparatrice, le polemiche dentro e fuori la rete, l’emanazione di nuove regole per gli influencer alle prese con la beneficenza...
Tutti conoscono il caso Balocco che ha visto protagonista Chiara Ferragni, tra l’altro indagata anche per la bambola Trudi e per le uova di Pasqua Dolci preziosi. E in molti si chiedono se tutto ciò stia scatenando diffidenza nei confronti delle realtà che, in un modo o nell’altro, raccolgono fondi per nobili scopi.
Zebra, Rari e Meri
Quelle bresciane sono serene: «La trasparenza è la nostra forza - è il commento di Daniela Scotti e Maria Pia Bondioni, rispettivamente presidente e vice de La Zebra -. La gente ci conosce e si fida di noi: lavoriamo a progetto e abbiamo l’obbligo morale di riferire dove è andato ogni singolo euro che ci è stato affidato. Eventuali ripercussioni potrebbero esserci nei confronti delle associazioni piccole, meno conosciute, ma con progetti comunque validi. Sarebbe davvero un peccato». La Zebra, ricordiamo, è una delle 80 associazioni (la metà riguardano i bambini) che aiutano il Civile «colmando le carenze dello Stato». Nei suoi confronti la generosità non ha mai subìto fluttuazioni: «Raccogliamo 150mila euro in media ogni anno».
Aiutano l’ospedale cittadino anche la raccolta Raricomefranci e l’associazione La Meri - Little Sweet Meri, che non temono l’effetto pandoro-gate. Quello in memoria del piccolo Francesco Tedoldi è un progetto «molto concreto e bresciano - commenta papà Marco - il cui risultato si potrà toccare con mano. Un progetto con istituzioni forti alle spalle, che si rende trasparente in ogni passaggio». «Io ci ho messo la faccia e la mia storia - aggiunge Chiara Cavalli, mamma della piccola Meri (Maria Vittoria) a cui è dedicata l’altra associazione - superando la mia riservatezza e il mio essere anti-social. Credo che questo abbia generato fiducia: pur essendo una realtà nuova stiamo riscontrando entusiasmo e calore nei confronti del nostro progetto non solo nel Bresciano». Per mamma Chiara è importante che non ci sia promiscuità tra l’interesse economico e la generosità: «A volte sembra che i personaggi famosi usino la beneficenza per accrescere la loro fama, quando invece è la loro fama che dovrebbe convogliare interesse verso la beneficenza».
Croce Bianca
È tranquilla, in relazione al caso Ferragni-Balocco, anche Umberta Salvadego, presidente della Croce Bianca: «Non usiamo influencer e non abbiamo bisogno di farlo - è il suo commento -. Il nostro marchio è più forte di ogni cosa: ci siamo dal 1890 e i bresciani vedono ciò che facciamo, con trasparenza, sul campo».
Comunità bresciana
Quanto poi alla Fondazione della Comunità Bresciana, il presidente Mario Mistretta fa notare quanto «il nostro mondo, quello della filantropia pura, sia lontano dalle situazioni in cui ci possa essere un interesse di carattere economico-egoistico». La realtà presieduta dal notaio nel 2023 ha ricevuto 2.212 donazioni per un totale di 5.634.506 euro, contro le 946 dell’anno prima (per 7.059.029 euro) e le 1.019 del 2021 che hanno fruttato 7.836.181. Annualità che, come precisano dalla Fondazione, non sarebbero paragonabili, a livello economico, tra loro. Basti pensare che nel 2022 c’è stata una singola donazione che ha inciso moltissimo sul risultato o al fatto che un’annualità piuttosto che un’altra abbia intercettato la generosità dei bresciani scatenata da specifici fenomeni, come la guerra in Ucraina o l’alluvione dell’Emilia Romagna. Ciò che conta, invece, è la propensione a donare, in relazione alle proprie possibilità economiche e alla situazione che stiamo vivendo. Una propensione che «non è mai venuta meno, anzi. Noi la credibilità la dimostriamo sul campo», è il commento di Orietta Filippini, direttore della Fondazione.
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