I medici: «Stanchi di essere ritenuti colpevoli dei disservizi»

Di Stefano, presidente Ordine: «Soffocante carico burocratico: a subirne le conseguenze sono soprattutto i malati non Covid»
IL FORTE DISAGIO DEI MEDICI
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Soffocati. Dalla burocrazia, dalla pressione degli assistiti, dalla storica crisi dell’organizzazione della medicina territoriale di cui, da tempo, denunciano lo stato di abbandono. Vittime, come tutti e più di tutti, della situazione paradossale determinata dalla pandemia, i medici del territorio e quelli ospedalieri urlano a gran voce il disagio della loro professione «invischiata in una palude».

Difficile uscirne da soli. Per questo ieri, durante la conferenza stampa convocata online dalla sede dell’Ordine, hanno comunicato di «aver richiesto un tavolo per definire nuovi strumenti organizzativi con tutte le istituzioni sanitarie della provincia». Istituzioni che sono già state informate e con le quali verranno affrontati temi che il Consiglio dell’Ordine ritiene «indifferibili».

«Ci rendiamo conto che l’eccezionalità della pandemia è condizionante. Noi riteniamo, cogliendo e rappresentando il grave disagio dei medici tutti, che un nuovo sforzo organizzativo sia non solo possibile, ma indispensabile, ed è con questo spirito che ci siederemo al Tavolo di lavoro con le istituzioni sanitarie bresciane» è la posizione del Consiglio direttivo dell’Ordine illustrata ieri dal presidente Ottavio Di Stefano e dalla vice Luisa Antonini.

Si parla spesso di «crisi della professione medica». Dopo aver ascoltato, ieri, dalle parole dei medici le ragioni del loro disagio, crediamo che la professione, in quanto tale, sia tutt’altro che in crisi. Ad esserlo è tutto quello che i medici, da troppo tempo ormai, sono costretti a fare e che con la clinica non ha nulla a che fare. Colpa della pandemia? Non proprio. L’emergenza sanitaria ha acuito una condizione che si trascinava da tempo. La testimonianza dei medici di Medicina generale Giovanni Gozio e Germano Bettoncelli e del medico ospedaliero Luciano Corda ne è stata la conferma.

Gozio ha parlato di «naufragio della medicina territoriale, ricordando che il territorio non è solo medico di famiglia, ma una rete di servizi ai quali ha supplito, con mezzo scarsi, proprio il medico di famiglia». «La quarta ondata della pandemia ha ampliato a dismisura il carico burocratico-amministrativo - ha aggiunto -. Siamo diventati l’ufficio informazioni di Ats. Basterebbe migliorare la comunicazione, magari istituendo un numero verde al quale risponde personale amministrativo. Dal decreto del presidente del Consiglio alle norme attuative passano giorni e per noi è devastante, perché non sappiamo come comportarci. La situazione sta diventando insostenibile».

Bettoncelli ha detto che da inizio gennaio ha avuto contatti con 1.038 pazienti così suddivisi: il 30% in studio, il 30% con richieste via mail e il rimanente via telefono. «In media 70-80 contatti al giorno da gestire e molto tempo sprecato a causa della tecnologia lenta che impiega 2/3 minuti per aprire una mail - ha aggiunto -. Evidente che in queste condizioni la parte clinica, ovvero il nostro lavoro, è pesantemente sacrificata. Vi è una grandissima confusione del sistema: non esistono sistemi di comunicazione efficaci con l’ospedale e quello del malato è un percorso a tappe ricco di barriere che lui stesso deve superare».

E in ospedale? Corda: «Navighiamo tra problemi comunicativi e trascuratezza organizzativa. Ora si punta sulla telemedicina. Ottimo. Tuttavia,essa non potrà mai sostituire il rapporto diretto con il paziente».

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