Gli 80 anni di Iginio Massari: «Da piccolo caddi nella crema della gelateria di mamma»

Ultima domenica d’agosto, ore 10, Pasticceria Veneto. Per molti bresciani è il momento del maritozzo alla panna. Marì, elegantissima, è alla cassa. Il marito Iginio Massari, che di certo non ha bisogno di presentazioni, ci riceve in abito blu e t-shirt nera. La sera precedente ha fatto le ore piccole: è stato al matrimonio di Federica Pellegrini e Matteo Giunta.
Come è andata, maestro?
Una festa bellissima, anche se non amo molto i matrimoni. Federica è una persona splendida: spero diventi l’ambasciatrice italiana dello sport nel mondo.
Ha preparato lei la torta nuziale?
Sì, era una nostra torta monumentale con fiori di zucchero e le loro iniziali.
Invece domani (oggi per chi legge,ndr) è il suo 80esimo compleanno. Festeggerà?
Lo dicono gli altri che compio gli anni, io no di certo. Festeggerò la fine dell’estate. Senza la torta, quella non serve per festeggiare la fine dell’estate.
È anche l’occasione per fare bilanci, guardare al passato e al futuro.Che infanzia ha avuto Iginio Massari?
Come quella di tutti i bambini. Mia mamma aveva una trattoria-gelateria, mio papà era responsabile della mensa dei ferrovieri. Due episodi hanno segnato quegli anni: la morte di mia sorella Gabriella, annegata nel mastello di legno per bucato a Pasqua quando aveva tre anni, e il giorno in cui ho fatto una «bravata» con alcuni amici. Siamo saliti su un vagone merci a Brescia; alla partenza, anziché scendere, qualcuno ha detto «chi salta per primo è il più fifone», così siamo arrivati a Ghedi. È stata la mia prima grande avventura. Mio padre quando è venuto a prendermi non mi ha degnato di uno sguardo, la benedizione sonora è arrivata dopo, a cura di mia mamma.
Qual è stato il dolce della sua infanzia?
La millesfoglie di mia mamma, non sono mai riuscito a fare una crema così buona.
E il suo piatto preferito di allora?
Il minestrone, che adoro anche oggi.
Da adolescente ha vissuto in Svizzera.
Sì, ci siamo trasferiti quando avevo 14 anni. Erano i tempi del boom economico, ma soltanto per pochi eletti. I più sognavano di lasciarsi la miseria alle spalle. Mia madre diceva che ero nato adulto. In Svizzera sono rimasto cinque anni.
Quando e come ha capito che il suo mondo sarebbe stato pieno di dolcezza?
Da piccolo giocavo nel laboratorio della gelateria di mamma. Le creme venivano fatte raffreddare in bacinelle di terracotta smaltate coperte da un panno e appoggiate su un’asse a 10 centimetri da terra. Un giorno ci sono caduto dentro. Come Obelix cadendo nella pozione magica è diventato l’uomo più forte e invincibile del mondo, io cadendo nella crema sono diventato quello più dolce. Mi piace pensarla così.
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Fondamentale nella sua vita e nella sua carriera è stato il ruolo di Maria (Marì), cosa ricorda del vostro matrimonio?
Ero reduce da un incidente, non riuscivo a inginocchiarmi, e ho chiesto al prete di essere veloce al punto che alla fine Marì mi ha detto: «Ma ci siamo già sposati?».
Nel 1971 avete aperto la Pasticceria Veneto nell’omonima via di Brescia.
Venivo da un’esperienza in azienda che mi portava a viaggiare molto. Così, con mia moglie, abbiamo deciso di aprire la pasticceria per stare un po’ insieme. Ed è iniziata l’avventura, tra alti e bassi.
Che papà è Iginio Massari?
Bisognerebbe chiederlo a Debora e Nicola. Io ho cercato di dare loro quello che è mancato a me. Ho insegnato ai miei figli che la vita può essere bella, anzi lo è, se è vissuta con intensità, senza usare la parola «sacrificio», quando il lavoro dà soddisfazione. Non siamo nel libro Cuore.

Ha due nipoti, che nonno è?
Sono come tutti gli altri nonni: li lasciamo fare, perché a metterli in riga ci pensano già bene i loro genitori. I miei sono bravi a scuola e amano lo sport.
C’è un ingrediente che odia?
No, ma non sopporto l’odore di aglio, cipolla e tartufo. Se cucino per altri li uso comunque, ma con moderazione.
Che estate è stata?
Tra siccità, guerra e presunta vincita sul Covid è stata un’estate devastante per chi non ha le fette di salame sugli occhi.
Massari è anche un volto del piccolo schermo. Come sarebbe stata la sua vita senza le esperienze televisive?
La televisione mi ha fatto conoscere al grande pubblico, i professionisti invece mi conoscevano già. Devo ringraziare tutti i mezzi di comunicazione.

Come vede il futuro?
Se fossi un mago... Scherzi a parte, nel nostro piccolo noi continuiamo a investire nel lavoro. Io credo molto nell’italianità.
Ha un sogno nel cassetto?
Che i miei figli riescano a portare avanti un’azienda all’avanguardia che riesca a stupire in Italia, ma anche nel mondo.
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