Giovani e volontariato: disponibilità sì, ma impegno a chiamata

Il Centro Servizi per il Volontariato di Brescia: « Abbiamo bisogno di nuovo personale e i ragazzi ci aiutano, anche se non in modo permanente»
Giovani volontari in campo per aiutare gli altri anche durante l'emergenza Covid
Giovani volontari in campo per aiutare gli altri anche durante l'emergenza Covid
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È un impegno a chiamata. Un volontariato liquido, dicono gli esperti. Che si attiva su obiettivi precisi e temporanei, si tratti di fare lo steward a MusicalZoo oppure di portare cibo e medicine durante il lockdown. Un modo diverso di interpretare e vivere la gratuità rispetto alle generazioni precedenti, discontinuo, episodico, eppure generoso. Un volontariato meno militante, potremmo dire, mutuando un aggettivo desueto. Parliamo dei giovani. Non è vero che siano tutti menefreghisti, che si rifiutino di donare tempo e passione per la comunità. Allo stesso tempo, tuttavia, nelle associazioni esiste il problema del cambio generazionale. Sempre meno giovani accettano ruoli dirigenziali e/o burocratici. Non solo.

Nuova linfa

Per realtà in cui la disponibilità costante è un elemento essenziale (ad esempio nell’emergenza-urgenza) la situazione è davvero critica. «Agganciare i giovani e soprattutto tenerli legati è diventato un problema serio per le associazioni», conferma Giovanni Marelli, presidente del Centro Servizi per il Volontariato (Csv), che riunisce 170 realtà del terzo settore. Nei mesi scorsi, per la redazione del piano delle attività di quest’anno, Marelli ha parlato con decine di responsabili di organizzazioni bresciane. È emerso quell’elemento comune. «Uno dei bisogni maggiori è avere la nuova linfa». Partendo da un dato di esperienza: «Ci sono tanti giovani generosi, basta dare loro il là. Certo, non hanno voglia di affiliarsi, di fare parte di una associazione in modo permanente, di prenderne le redini». Alessandro Augelli, presidente del Calabrone, è tra i fondatori (c’è anche il Csv) di Volontari per Brescia, nata nel 2016 per occuparsi proprio del volontariato «liquido». Quando c’è bisogno di una mano per un evento, parte la call sul web. «E i giovani rispondono», sottolinea Augelli. In cinque anni l’associazione è stata attiva in 63 eventi (soprattutto di carattere culturale) in cui servivano figure di vario tipo. «Abbiamo coinvolto 1.300 cittadini, in buona parte giovani».

Agnese Bolentini e Alessandro Augelli
Agnese Bolentini e Alessandro Augelli

L'emergenza Covid

La conferma è venuta nella primavera durissima del Covid, due anni fa. Il Comune di Brescia ha potuto contare su centinaia di giovani che in maniera spontanea, al di fuori dei canali (e delle associazioni) tradizionali, hanno dato una mano straordinaria a chi era nel bisogno, anziani o contagiati costretti in casa dal Covid. «Per l’assistenza generica all’hub vaccinale di Brixia Forum - dice Augelli - abbiamo avuto 1.200 candidature. Dei 390 volontari che hanno poi aiutato, oltre la metà erano giovani». I ragazzi, prosegue, «hanno voglia di fare esperienze, avendo però chiaro in cosa vengono impiegati». È la cittadinanza attiva: «L’impegnarsi per sentirsi parte di qualcosa di più grande e di utile». Questo volontariato liquido, ribadisce Agnese Bolentini (giovane educatrice del Calabrone, che segue Volontari per Brescia), «ha un impatto forte sulla città». Silenzioso, efficiente: «Senza di esso tanti eventi non si sarebbero potuti fare». D’altronde, il volontariato fa bene ai giovani: «Crea relazioni e anche spazi professionali», dice Agnese. Capita che un compito svolto per passione diventi lavoro, nel settore culturale come in quello sociale. 

Alcuni ragazzi riuniti in un dibattito pubblico
Alcuni ragazzi riuniti in un dibattito pubblico

Il ruolo delle associazioni 

«Non è con la forme tradizionali dell’associazionismo che possiamo attirare i giovani», riconosce Marelli. «Ci stiamo interrogando su cosa fare. Servono nuove modalità, serve un protagonismo nuovo del volontariato nella società che sappia dare voce e responsabilità ai giovani. I quali ci pongono una forte domanda di senso, ricevendo poche risposte da noi adulti».

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Cambiare si deve, difficile trovare la strada. Augelli tocca un tasto dolente: «A volte - dice - chi dirige le associazioni non vuole farsi da parte. Pensa che si debba arrivare a certe posizioni partendo dalla gavetta. Invece si deve fare spazio, lasciando ad altri l’assunzione di responsabilità. Inutile pensare a come si è fatto finora: è cambiato il modo di vivere l’appartenenza ad una associazione». Anche perché i giovani hanno una dimensione del tempo diversa dalle generazioni passate. Corrono veloci, cambiano residenza e interessi, moltiplicano passioni e disponibilità. Mutazioni irreversibili, con cui fare i conti per non perdere la disponibilità di questo volontariato. Liquido, ma prezioso.Società e Associazioni alle prese con il rinnovo generazionale.

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