Giovani e pandemia: smartworking e Dad nuove opportunità

La pandemia ha decisamente accelerato il ricorso agli strumenti del mondo digitale: webinar e smartworking nuova normalità
Molte le manifestazioni dei mesi scorsi sulla riapertura delle scuole
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Problema o opportunità? Quel che è certo è che le limitazioni portate dalla pandemia hanno profondamente modificato - oltre a mille altri aspetti della nostra vita quotidiana e relazionale - anche il modo in cui in questi lunghi mesi ci siamo trovati a studiare e a lavorare. La necessità di evitare assembramenti, la difficoltà ad incontrarsi di persona, la necessità di portare avanti comunque le nostre attività ci hanno spinto ad utilizzare in modo massivo strumenti e soluzioni comunicative che già la tecnologia ci aveva offerto (dai webinar alla videochiamata, dal telelavoro alle form) ma che prima dell’esplosione del virus avevamo frequentato il meno possibile.

È accaduto quello che storici e sociologi osservano spesso in occasione di eventi traumatici quali guerre, catastrofi o pesanti crisi economiche: un cambio di passo tecnologico, un mutamento di paradigma, una rivoluzione di prospettiva. Torniamo così al nostro interrogativo iniziale: l’esplosione del ricorso alla comunicazione digitale è un problema o un’opportunità? La risposta - quella degli esperti ma anche quella dei ragazzi intervistati dal nostro sondaggio - si posiziona in equilibrio precario fra i due poli. Alla domanda «Quanto ti sono mancati durante la pandemia scuola, università e ambiente di lavoro?», i giovani fra i 15 e i 30 anni che hanno risposto al questionario hanno risposto «molto» nel 45% dei casi e «abbastanza» per un ulteriore 26%. Risultato molto simile per la domanda «Quanto ti sono mancati durante la pandemia didattica e lavoro in presenza?»: il 43% ha risposto «molto» e il 25% «abbastanza».

Se la prima domanda riguarda la mancanza dell’ambiente abituale nel suo complesso (comprensivo quindi dei locali e dei rapporti umani) la seconda (quella rappresentata dai grafici nella colonna di destra) si concentra proprio sulla modalità di espletazione della propria attività, studio o lavoro che sia. Concentriamoci su questo aspetto.

La didattica o il lavoro in presenza sono mancati più alle femmine («molto» per il 46% e «abbastanza» per il 24%) che ai maschi («molto al 40% e «abbastanza» al 24%). Una variazione si registra anche muovendoci fra i diversi segmenti di età: per gli studenti delle superiori il «molto» si attesta a quota 38%, compie un balzo all’insù fra gli studenti universitari (70%) e torna al 38% fra i lavoratori. Poche differenze invece tra quanti abitano in città e chi vive in provincia.

Insomma: a fronte di una maggioranza non «bulgara» di chi confessa di aver sofferto «molto» o «abbastanza» la Dad e il telelavoro, c’è una non banale minoranza alla quale le modalità tradizionali sono mancate «poco» o «nulla». E che testimoniano come le modalità digitali siano già in parte una nuova «normalità».

 

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