Fridays for Future: «Il termoutilizzatore deve essere chiuso»

Sono pronti a urlarlo di nuovo, come da anni a questa parte: non c’è più tempo, il Pianeta va salvato, e va fatto ora. Ecco perché venerdì 24 settembre il corteo dello «sciopero globale per il clima» marcerà anche per le strade di Brescia: l’appuntamento è in piazzale Arnaldo, alle 9 in punto. A guidarlo ci saranno i rappresentanti di Fridays for future. Che dicono «tocca di nuovo a noi svegliare il mondo».
In vista della manifestazione, ne abbiamo parlato con Giovanni Mori, coordinatore del gruppo bresciano. Si considera un «privilegiato», perché - spiega - «sono cresciuto con due urbanisti, ho sempre vissuto in una casa in legno bioclimatico e questi temi sono stati sempre il mio pane». E ora, Giovanni Mori sente la responsabilità di divulgare e coinvolgere. Attivista convinto, è pronto a volare a Glasgow per la Cop26.
Mori un conto sono gli intenti, un altro le azioni. Me ne dice tre che Brescia potrebbe mettere in pratica domani?
Arrivare almeno all’80% di mobilità dolce: il Biciplan è un passo ottimo e importante, ma non abbiamo bus elettrici. Istituire un giorno alla settimana in cui tutti gli studenti raggiungono la scuola in bicicletta. Serve, subito, un ufficio energia: vanno efficientati gli edifici pubblici e avviata una campagna per i privati. E poi c’è il termoutilizzatore che è comodo ma a Brescia, inutile negarlo, rappresenta un’emissione in più. Non dico che si debba chiudere da domani, ma fissare una data di scadenza sì: il 2030? Va bene, ma facciamolo. Piantare alberi serve in una progettazione organica, ma non basta.
Draghi ha ammesso che non stiamo rispettando gli accordi di Parigi...
Questo è un passaggio fondamentale: non è banale ammetterlo ad alta voce. Significa conclamare che non stiamo facendo il necessario, non stiamo rispettando gli impegni presi, come diciamo da anni. Ma è un punto di ri-partenza detto da un leader. Conte, ad esempio, non lo aveva mai fatto.
Immaginare l’Europa unita delle energie rinnovabili è una strada?
È l’unica strada che abbia senso. Bisogna puntare su grandi player delle rinnovabili o si perde la sfida con Cina e Usa: ci si deve coordinare.
Che voto dà al ministro Cingolani?
Sulla conoscenza, dopo una partenza brutta, darei un 6: puntare sulle rinnovabili e sull’indipendenza energetica è fondamentale. Sulla comunicazione dal 3 al 4: non parla mai dei benefici della transizione ecologica. La prova pratica è un non classificato: di concreto non c’è ancora nulla.
E al suo predecessore, Sergio Costa?
Era un buon ministro in tempi di pace, ma serviva una marcia in più.
Pensate a un impegno politico, ad esempio in Loggia?
Ci pensiamo ogni volta che parliamo con i politici: ci rendiamo conto che non capiscono, che va cambiato il sistema e che è la politica stessa il vettore. In alcuni Comuni qualche attivista si è già candidato. Certo, non a Brescia...
Ritenete Brescia «irrecuperabile»?
No, ma è statica. Ci sono dei consiglieri più attenti, penso a Roberto Omodei, e l’assessore Miriam Cominelli ha redatto un buon Paesc. Ma c’è una lentezza esasperante, serve un cambiamento culturale entusiasmante e coinvolgente. Al momento non c’è.
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