Fridays for Future: «Il termoutilizzatore deve essere chiuso»

Il portavoce Giovanni Mori racconta la visione del gruppo locale su Brescia in vista dello sciopero per il clima del 24 settembre
Una manifestazione per il clima in piazza Loggia nel 2019 - Foto New Eden Group © www.giornaledibrescia.it
Una manifestazione per il clima in piazza Loggia nel 2019 - Foto New Eden Group © www.giornaledibrescia.it
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Sono pronti a urlarlo di nuovo, come da anni a questa parte: non c’è più tempo, il Pianeta va salvato, e va fatto ora. Ecco perché venerdì 24 settembre il corteo dello «sciopero globale per il clima» marcerà anche per le strade di Brescia: l’appuntamento è in piazzale Arnaldo, alle 9 in punto. A guidarlo ci saranno i rappresentanti di Fridays for future. Che dicono «tocca di nuovo a noi svegliare il mondo».

In vista della manifestazione, ne abbiamo parlato con Giovanni Mori, coordinatore del gruppo bresciano. Si considera un «privilegiato», perché - spiega - «sono cresciuto con due urbanisti, ho sempre vissuto in una casa in legno bioclimatico e questi temi sono stati sempre il mio pane». E ora, Giovanni Mori sente la responsabilità di divulgare e coinvolgere. Attivista convinto, è pronto a volare a Glasgow per la Cop26.

Mori un conto sono gli intenti, un altro le azioni. Me ne dice tre che Brescia potrebbe mettere in pratica domani?

Arrivare almeno all’80% di mobilità dolce: il Biciplan è un passo ottimo e importante, ma non abbiamo bus elettrici. Istituire un giorno alla settimana in cui tutti gli studenti raggiungono la scuola in bicicletta. Serve, subito, un ufficio energia: vanno efficientati gli edifici pubblici e avviata una campagna per i privati. E poi c’è il termoutilizzatore che è comodo ma a Brescia, inutile negarlo, rappresenta un’emissione in più. Non dico che si debba chiudere da domani, ma fissare una data di scadenza sì: il 2030? Va bene, ma facciamolo. Piantare alberi serve in una progettazione organica, ma non basta.

Draghi ha ammesso che non stiamo rispettando gli accordi di Parigi...

Questo è un passaggio fondamentale: non è banale ammetterlo ad alta voce. Significa conclamare che non stiamo facendo il necessario, non stiamo rispettando gli impegni presi, come diciamo da anni. Ma è un punto di ri-partenza detto da un leader. Conte, ad esempio, non lo aveva mai fatto.

Immaginare l’Europa unita delle energie rinnovabili è una strada?

È l’unica strada che abbia senso. Bisogna puntare su grandi player delle rinnovabili o si perde la sfida con Cina e Usa: ci si deve coordinare.

Che voto dà al ministro Cingolani?

Sulla conoscenza, dopo una partenza brutta, darei un 6: puntare sulle rinnovabili e sull’indipendenza energetica è fondamentale. Sulla comunicazione dal 3 al 4: non parla mai dei benefici della transizione ecologica. La prova pratica è un non classificato: di concreto non c’è ancora nulla.

E al suo predecessore, Sergio Costa?

Era un buon ministro in tempi di pace, ma serviva una marcia in più.

Pensate a un impegno politico, ad esempio in Loggia?

Ci pensiamo ogni volta che parliamo con i politici: ci rendiamo conto che non capiscono, che va cambiato il sistema e che è la politica stessa il vettore. In alcuni Comuni qualche attivista si è già candidato. Certo, non a Brescia...

Ritenete Brescia «irrecuperabile»?

No, ma è statica. Ci sono dei consiglieri più attenti, penso a Roberto Omodei, e l’assessore Miriam Cominelli ha redatto un buon Paesc. Ma c’è una lentezza esasperante, serve un cambiamento culturale entusiasmante e coinvolgente. Al momento non c’è.

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