Emergenza profughi, il Prefetto: «Accoglienza in piccoli gruppi per evitare l'effetto ghetto»

Sul fronte dell'accoglienza dei profughi, Maria Rosaria Laganà è intervenuta nel dibattito facendo il punto sulla strategia del Broletto
Loading video...
PROFUGHI: "PIU' ACCOGLIENZA"
AA

Sul fronte dell'accoglienza dei profughi, Maria Rosaria Laganà, Prefetto di Brescia, è intervenuta nel dibattito facendo il punto sulla strategia adottata dal Broletto.

Eccellenza anche Brescia è investita da questa nuova ondata di sbarchi, come la state affrontando?

«Dal mio punto di vista non c’è una nuova emergenza ma una quotidiana emergenza. Dal ministero abbiamo sempre richieste di collocare richiedenti e appena si libera un posto viene occupato, non ho mai visto fasi di calo delle richieste. In questa fase però ci aspettiamo un ulteriore incremento delle necessità di accoglienza e abbiamo ottenuto le risorse per rendere più remunerativo, e speriamo interessante per gli operatori economici, mettere a disposizione strutture e abbiamo da qualche ora lanciato un nuovo bando per complessivi 550 posti».

In passato grandi strutture in piccoli centri hanno provocato qualche tensione con la popolazione, come affrontate la questione?

«Ci siamo accorti che il modello della microaccoglienza con piccole strutture funziona molto meglio e porta a risultati migliori. Non credo sia un caso che tante delle persone ospitate in appartamenti abbiano poi trovato lavoro e siano rimaste in modo positivo nel tessuto in cui erano state accolte. Le strutture grandi però dal punto di vista organizzativo ci danno un bell’aiuto perchè offrono anche risposte immediate. Per questo cerchiamo di usare entrambe le soluzioni, ma senza superare i 50 posti per struttura, non vogliamo l’effetto ghetto. Alcune grandi strutture che abbiamo usato in passato non sono più nel circuito dell’accoglienza»

Con l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime molte attività hanno pensato alla chiusura. É successo anche nell’accoglienza?

«Alcuni gestori hanno ventilato delle difficoltà anche se nessuno è arrivato al punto di mollare. Siamo consapevoli dei costi che si devono sostenere e anche per questo abbiamo ritoccato dove è stato possibile, seppur di meno di due euro al giorno, la cifra che viene erogata. Su alcune altre partite, ad esempio il sostegno ai minori nelle comunità, proprio per il caro energia ci sono stati importanti aumenti e penso che ci si possa arrivare anche nell’accoglienza dei richiedenti asilo».

Icona Newsletter

@Buongiorno Brescia

La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.

Anche Brescia è stata interessata dall’emergenza per gli ucraini in fuga dalla guerra e si è visto uno slancio di solidarietà a tutti i livelli mentre non è sempre stato lo stesso con chi proveniva dall’Africa. Lo avete notato anche voi?

«Per prima cosa devo dire che Brescia è stata sempre accogliente e siamo riusciti a far fronte alle necessità che si presentavano. Delle 938 persone arrivate dal primo giugno al 15 novembre e inserite nel sistema ci sono 211 ucraini, 672 africani arrivati con i barconi e altre 55 persone che si sono presentate in questura e riteniamo abbiano affrontato la rotta balcanica. Effettivamente però non abbiamo avuto difficoltà a sistemare richiedenti asilo biondi e con gli occhi azzurri mentre abbiamo fatto più fatica con quelli mori con gli occhi scuri. In alcuni casi appartamenti che erano a disposizione per gli africani, nella prima fase dell’emergenza ucraina, sono stati subito disponibili per gli ucraini ma quando si è presentata l’esigenza opposta strutture vuote destinate agli ucraini non hanno accettato profughi sbarcati. Ma abbiamo anche avuto esperienze positive di convivenza».

Il contesto bresciano è caratterizzato da una grande mobilità, dove vanno le persone che escono dal sistema?

«Coloro che si allontanano dopo poche ore dall’arrivo, prima ancora di avviare le pratiche, di solito è perchè sono ancora in viaggio e Brescia è una tappa. Cercando di raggiungere parenti o amici in altri stati d’Europa. Altri invece perdono i requisiti perchè trovano un lavoro che porta un reddito superiore al massimo stabilito per restare ospite. In alcuni casi sono storie di integrazione ma in altre, e per questo siamo preoccupati, si è trattato di lavori non regolari e in qualche caso illegali. E poi è capitato anche che soggetti che avevano lavoro sono diventati irregolari quando la loro richiesta di riconoscimento di asilo è stata rigettata e anche questo ha portato a dei problemi.

Negli ultimi mesi però abbiamo visto una maggioranza di persone che sono rimaste volontariamente nel bresciano anche una volta uscite dal Cas, e questo ci fa capire che la strada delle piccole strutture dislocate su tutto il territorio è quella che garantisce le minori conflittualità. Stare in un centro di accoglienza non è un obbligo, anzi è una scelta che deve essere corroborata dalla dimostrazione di non avere mezzi propri. Ogni posto che si libera, per uno di questi motivi, viene subito occupato».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato