Due avvocate e il cambio vita: «Troppi pensieri e troppi costi, toga addio»

Il mestiere del giurista to perde appeal. Accade a sempre più professionisti, sia donne che uomini
Avvocati, l'addio alla toga è sempre più frequente - © www.giornaledibrescia.it
Avvocati, l'addio alla toga è sempre più frequente - © www.giornaledibrescia.it
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Il mestiere di avvocato perde appeal. Non solo fra i giovani alle prese con la scelta del futuro, ma anche fra chi la professione la pratica già. Accade a sempre più professionisti, sia donne che uomini. Queste le testimonianza di due avvocate bresciane che hanno scelto di cambiare vita.

«Difficile mantenersi»

«Mi ero data un traguardo: al compimento dei 40 anni dovevo riuscire a mantenermi con il mio lavoro. I 40 anni purtroppo si avvicinano, ma i conti ancora non tornano. Così ho deciso di chiudere con l’avvocatura. È stata una scelta dolorosa, ma non avevo alternative». A parlare è una delle 21 avvocatesse che al 31 dicembre scorso hanno chiesto ed ottenuto la cancellazione dall’Ordine. L’ha fatto dopo 4 anni di professione svolta in studi avviati. Una decina se si include anche la pratica.

«Si tratta di una professione sicuramente stimolante - prosegue, chiedendo l’anonimato - ma anche totalizzante. Mi occupavo di diritto penale: materia che ti mette a contatto con situazioni delicate e per le quali non ci sono orari. Le soddisfazioni sono state poche e non hanno giustificato l’impegno fisico, mentale e il dispendio di risorse, anche economiche». L’elenco delle spese è lungo. «Da soli non è possibile sostenerle. L’affitto di uno studio, magari una segretaria, le bollette, la cancelleria, le marche da bollo, la giurisprudenza, i contributi, le tasse - spiega l’ex avvocatessa - arrivano puntuali tutti i mesi. Un po’ meno puntuali i clienti, quando c’è da pagare, che siano di fiducia o d’ufficio. Anche lo Stato ci può mettere anni a saldare».  Non è facile nemmeno cancellare tutto. «Non voglio buttare quello che ho studiato e imparato. Sto valutando di metterlo a frutto partecipando a qualche concorso pubblico».

«Voglio recuperare la mia vita»

Non c’è un’età per lasciare l’avvocatura. Per farlo non serve nemmeno un certo grado di inesperienza e un faldone colmo di aspettative deluse. Alessandra Bagetto, penalista che per tre decenni si è occupata di soggetti deboli, ha deciso di chiudere la toga nell’armadio. «L’ho fatto perché non sono mai stata in grado di lasciare i fascicoli e le storie delle persone che ho difeso - ci ha spiegato - fuori dalla porta di casa. Le loro vicende hanno scandito non solo la mia vita professionale, ma anche tutto il resto. Non ero più in grado di farmi carico di tutti i loro problemi. Ne ho avvertito il peso e ho capito che avevo bisogno di ritrovare me stessa. Pensavo di non essere in grado di fare a meno della professione: il Covid ed i lockdown mi hanno aperto gli occhi, ho scoperto che c’è anche altro».

Nessun pentimento, dopo il passo. «Assolutamente. Non cambio idea. Sono serena, ho dato tutto quello che avevo, forse di più. Ho costretto le persone che vivono al mio fianco a subire la mia professione, non credo sia giusto. Ho bisogno di recuperare i miei tempi, la mia vita. È un salto nel buio, per me, ma sono felice di farlo».

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