Dopo quarant’anni chiude la scuola dei Padri della Pace

A giugno si conclude l’attività dello storico istituto. Sconforto e rabbia tra le famiglie
Il portico. L’interno della sede della scuola
Il portico. L’interno della sede della scuola
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Quarant’anni di apprezzata presenza nel cuore del centro storico e poi basta una mail per chiudere una felice esperienza educativa. I piccoli numeri (12 alunni di media per le otto classi di scuola primaria e secondaria di primo grado) erano funzionali a un buon lavoro, ma già avevano dato a novembre il segnale della crisi.

Si sapeva dell’intenzione di non avviare per l’anno prossimo le classi prime di elementare e media, nella scuola Santa Maria della Pace, ma è arrivata come un fulmine a ciel sereno per le famiglie degli alunni frequentanti la comunicazione di una chiusura definitiva a giugno, per tutte le classi della scuola aperta nel ’78 dalla Congregazione San Filippo Neri, dei Padri della Pace.

Il sito documenta nelle immagini il felice vissuto di «un percorso educativo in collaborazione con la famiglia, fondato sulla serenità e sulla sana allegria, in una visione ottimistica della vita secondo il Vangelo. Di «sconforto, rabbia, disorientamento», come effetto della mail ricevuta nel pomeriggio del 19 gennaio scorso, parla la lettera di una mamma.

«Mia figlia e i suoi compagni - scrive la signora Mirka Pernis - non dovrebbero rinunciare alle loro insegnanti che non hanno risparmiato tempo ed energie per insegnare loro non solo i contenuti disciplinari ma anche l’autonomia, il valore dell’impegno, la responsabilità; non dovrebbero rinunciare ai legami di amicizia che si sono consolidati in questi anni, alla familiarità quotidiana di un ambiente scolastico da cui è difficile allontanarsi».

Si può prendere atto di una difficile sostenibilità economica. «Non mi rassegno, però, ai modi», dice la scrivente ricordando che sempre le famiglie si sono dimostrate disponibili a dare una mano e che sarebbe stata necessaria una fase di passaggio, basata sul dialogo e il confronto. «Può una scuola dichiarare di non aver altro obbligo nei nostri confronti, se non di portare a termine l’anno? È corretto che lo Stato eroghi fondi agli istituti paritari senza pretendere una garanzia che questi portino a compimento gli impegni presi nei confronti dell’utenza? Avrei scelto diversamente, se fosse stato esplicitato chiaramente questo rischio all’atto dell’iscrizione».

Quesiti e perplessità della mamma di un bambino di seconda elementare, improvvisamente proiettata nella difficile ricerca di un’alternativa: «Ci siamo rivolti ai plessi scolastici vicini - dice la signora Francesca Sangiacomo - e una delegazione è stata ricevuta dall’assessore Roberta Morelli. Sono stati tutti molto gentili, ma purtroppo abbiamo perso la priorità per la residenza in zona e le classi sono ormai partite al completo: bisognerà verificare le disponibilità di posti a giugno. Ci si può rivolgere a un istituto privato, ma con il timore che possa chiudere in ogni momento, senza render conto. Se ci fosse stata prima una spiegazione in assemblea, avremmo probabilmente cercato di dare un aiuto: questo passaggio non c’è stato, mi chiedo se davvero potevano decidere così».

Di «una grande sofferenza, per un’opera che ha avuto avvio quarant’anni fa e arriva al termine» si parla all’interno della Congregazione dei Padri della Pace, educatori per vocazione e con grandi meriti riconosciuti, nella loro storica presenza bresciana.

«Purtroppo - dicono i Padri - la decisione è arrivata nei giorni scorsi. Condividiamo il rammarico delle famiglie, degli alunni, del personale. Avevamo aperto le iscrizioni sotto condizione, abbiamo cercato di fare il possibile, sforzi erano già stati compiuti per la crisi di cinque anni fa. Si è prospettata la possibilità di affidare la gestione a una fondazione ma, quando si è trattato di dare concretezza a questa possibilità, è venuta meno e i tempi erano ormai molto stretti. È difficile parlare di una ferita così dolorosa per Brescia, per la Congregazione, per le famiglie, per gli alunni».

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