Diritto alla cittadinanza, Brescia in campo con una petizione

La rete «Restiamo umani» ha consegnato a Roberto Cammarata la raccolta firme in occasione del trentennale della legge
IUS SOLI, PETIZIONE IN LOGGIA
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«Io sono una privilegiata perché ho la cittadinanza italiana, ma il privilegio esiste nel momento in cui c’è un’ingiustizia, altrimenti si chiamerebbe diritto». Quando Aisha Francesca Sanneh parla dal palco ideale mostra lucidità e consapevolezza peculiari a fronte dei suoi 25 anni. Perché a differenza di tanti suoi coetanei che sono nati nel nostro Paese, lei ha la cittadinanza italiana.

Il «privilegio»

Lo chiama - appunto - privilegio, ma vuole che si trasformi in un diritto per gli altri. È la sua una delle voci che riverberano più profondamente in largo Formentone, dove sabato si è tenuto il presidio antifascista e antirazzista indetto dalla rete bresciana di «Restiamo umani». All’appello hanno risposto diverse realtà come Fabi, Collettivo Uno, AfroBrix, i giovani del Centro Culturale Islamico e Owa Community, ma soprattutto decine di bresciani.

Su un tappeto sonoro di musica etnica, tutti hanno ribadito la necessità di cambiare la legge sul diritto alla cittadinanza e di passare dall’attuale «ius sanguinis» allo «ius soli». Il dibattito nazionale era molto acceso fino a qualche anno fa, poi si è perso nei meandri del confronto politico. Ma proprio in occasione del trentennale di quella legge 91/1992 (era il 5 febbraio) gli attivisti hanno pensato di riportare sotto i riflettori un caso mai risolto.

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Lo stato attuale delle cose

Oggi chi nasce in Italia da genitori stranieri, infatti, non è considerato italiano e l’eventuale percorso per ottenere la cittadinanza è particolarmente accidentato. E oggi l’Italia è un Paese molto diverso rispetto a quando la legge 91 è entrata in vigore, con un numero di stranieri residenti di gran lunga maggiore. Per questo una potenziale riforma riguarderebbe anche tanti che «italiani» lo sono già da un punto di vista economico, sociale e culturale. E il Bresciano, da tempo terra non solo di accoglienza ma anche e soprattutto di integrazione, i numeri sono persino maggiori in termini percentuali rispetto al piano nazionale.

Basti pensare che a Brescia la platea degli stranieri interessati da una potenziale riforma è pari a circa 50mila persone. E se in Italia gli stranieri rappresentano il 10% degli studenti delle scuole di tutti gli ordini e gradi, negli istituti bresciani gli alunni di altra nazionalità iscritti sono poco meno di 30mila (29.922), pari al 16,74% del totale. La stragrande maggioranza di essi è nata a Brescia o comunque in Italia.

«È una legge che per le complicazioni e i vincoli che pone non risponde ai principi di uguaglianza della nostra Costituzione - ribadisce la portavoce bresciana di "Restiamo umani" Siria Garattini -, oltre che essere anacronistica e inadatta alle esigenze del Paese».

Speranza

Proprio a Brescia, dunque, è stata riaccesa la fiammella del dibattito - quando Garattini ha consegnato le 150 firme nelle mani del presidente del Consiglio comunale della Loggia Roberto Cammarata affinché attraverso una petizione si faccia leva sui politici bresciani capaci di sollecitare le Istituzioni nazionali. «Da lunedì la petizione finirà sul tavolo dell’assemblea cittadina - spiega in presidio Roberto Cammarata -, da allora comincerà un percorso di sensibilizzazione e un dibattito sul diritto alla cittadinanza. Questa legge va cambiata e spero che la discussione che avvieremo in Loggia possa portare ad affrontare seriamente la questione a Roma». Sono in molti (troppi) a sperarlo.

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