Dà fuoco alla moglie e la uccide, Pinky: «Il mio incubo ritorna»

La giovane di origini indiane che sopravvisse a simile aggressione del marito affida a una lettera il dolore dopo il caso di via Tiboni
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«Martedì 22 settembre 2020 sono le 9.25 mi arriva un messaggio da un'amica con la foto di un articolo e con sotto scritto "esistono ancora sti personaggi". Cerco l'articolo sul web con una sensazione strana, il cuore in gola. "Orrore nel Bresciano, avrebbe cercato di bruciarla viva. È gravissima". In un attimo mi ritrovo di nuovo in quella maledetta notte e inizio a rivivere di nuovo quella scena».

Nero su bianco, le sensazioni, i pensieri, lo sconforto di Pinky,  la ragazza di origini indiane, anche lei residente nel Bresciano, alla quale il marito diede fuoco perché non sopportava il suo stile di vita occidentale. Una vicenda dopo la quale la giovane ha mostrato una forza non comune e ha saputo fare del proprio vissuto un monito per le altre donne che vivono in condizioni di sottomissione specie nel contesto familiare. Tra l'altro ha anche portato alla creazione in città del Muro delle Bambole, quasi un simbolo del contrasto alla violenza di genere.

La lettera di Pinky è arrivata all’indomani della notizie della morte di Mina Safine, uccisa dal marito che le ha dato fuoco.

«Mi sento paralizzata - scrive ancora Pinky -, incapace di cacciare quel ricordo. Sudo freddo, sento l'odore della diavolina sulla pelle, urla, grida. La paura che cresce sempre di più, le suppliche, la disperazione: sento scendere le lacrime sul mio viso ma non riesco a controllarle. È come se fossi bloccata nel ricordo: mi vedo, mi vedo bruciare, sento l'odore della pelle bruciare come se stesse succedendo ora.

Fa male, malissimo: non riesco a sopportare il dolore, mi sento morire.

Squilla il telefono e mi riporta alla realtà grazie al cielo.

Passo tutto il giorno continuando a pensare a quella donna: chissà quanto lo avrà supplicato per avere pietà, quanto avrà pregato, quanto avrà gridato aiuto, quanto avrà sofferto. E immagino lui con gli stessi occhi rossi immobile a guardare lei bruciare.

Poi mi chiedo se aveva figli e se avranno assistito alla scena. Prego dentro di me che ce la faccia, non può finire così. Torno a casa è una notte strana non riesco a dormire. Ogni volta che chiudo gli occhi continuo a vedere scene di quella maledetta sera. Mi prometto di non pensarci più. 

È domenica 27 settembre, ricevo un messaggio. "Mina è morta". Il mio incubo ritorna».

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