Crisi dei tecnici radiologi: a ottobre solo 16 laureati per tutta Brescia

Un numero contenuto per una delle province più grandi d’Italia, soprattutto se si considera che l’ateneo è anche sede per Cremona e Mantova
Dentro Radiologia al Civile a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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Sedici nuovi professionisti per una popolazione di due milioni di abitanti. È questo il bilancio dei nuovi laureati in Tecniche di Radiologia medica per immagini e radioterapia: sono solo 16, infatti, i neodottori che a ottobre discuteranno la loro tesi nella sessione autunnale di ottobre all'Università degli Studi di Brescia. Un numero davvero contenuto per una delle province più grandi d’Italia, soprattutto se si considera che l’ateneo è anche sede per le province di Cremona, che conta 359.000 abitanti, e Mantova, dove ce ne sono 412.000.

Crisi di vocazioni, scarso appeal professionale e magre soddisfazioni economiche: questi, in sintesi, i contenuti di un appello che i tecnici di radiologia di Brescia hanno fatto al ministro della Salute, Roberto Speranza, per chiedere «l'equiparazione ai colleghi europei, frenare la crisi della categoria e invertire la tendenza».

L'allarme

Il tasso di abbandono del corso di laurea - viene ancora osservato - è un campanello d'allarme e deve far riflettere la categoria a tutti i livelli: a Brescia circa il 50% degli studenti iscritti al primo anno decide poi di abbandonare gli studi, cambiando corso di laurea con maggiori possibilità di crescita professionale ed economica.

Un numero così limitato non basterà neanche a colmare il turnover di chi va in pensione appesantendo le liste d'attesa per le prestazioni radiologiche. I tecnici di radiologia nel capoluogo sono «circa 500 professionisti allo stremo: non hanno ancora superato il dramma vissuto dalla pandemia e ci vorrà ancora molto tempo per superarlo».

«Questa bellissima professione - conclude Francesco Zangari, presidente dell'Albo dei tecnici di radiologia medica di Brescia - si trova ormai da tempo in un potenziale corto-circuito: gli stipendi in Italia sono troppo bassi se paragonati ai colleghi europei e non proporzionati alle responsabilità che ne derivano. Ciò ha come conseguenza che siano sempre meno i giovani che scelgono questa specialità».

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