Covid, quarta ondata: a Brescia la crescita è contenuta

Il monitoraggio di Gimbe: incremento settimanale del 64,8% in Italia, del 50% nella nostra provincia
La nuova ondata non sta travolgendo gli ospedali
La nuova ondata non sta travolgendo gli ospedali
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E quattro. Le ondate epidemiche continuano e si differenziano le une dalle altre per crescita di casi e per mortalità. La quarta, dunque, è iniziata ormai da tre settimane, da quando la curva è tornata a crescere. Del resto, un’illusione, diciamo così, voluta, perché è da tempo che autorevoli esperti - anche bresciani - ripetono che fino a quando il virus circola non ci si può distrarre.

«L’Italia è entrata nella quarta ondata pandemica». La valutazione arriva dalla Fondazione Gimbe che, nel suo monitoraggio indipendente relativo alla settimana 21-27 luglio, evidenzia come i morti a causa dell’infezione siano addirittura quasi raddoppiati in una settimana. Questo a livello nazionale. A Brescia l’ondata è debole e, visto l’andamento della campagna vaccinale con oltre seicentomila persone che hanno completato il ciclo, la crescita dovrebbe essere più contenuta. Di certo, meno impattante della terza, lo scorso autunno.

I dati: a fronte di un incremento settimanale nazionale di nuovi casi del 64,8%, nel Bresciano siamo fermi al 50%. Il nostro tasso di positività è dell’1,7% a fronte del 2,3%. I decessi nella nostra provincia sono stati in tutto il mese di luglio e nei nostri ospedali i ricoverati con Covid sono 27, di cui tre in terapia intensiva. Due i nuovi ricoveri di ieri in area medica. Non così a livello nazionale tanto da far valutare alla Fondazione Gimbe di essere, «di fatto», nentrati nella quarta ondata.

Dopo quindici settimane di calo, in Italia tornano a salire le vittime: 111 nell’ultima settimana, il 46% in più rispetto ai 76 della settimana precedente. Incremento dei nuovi casi, ma anche delle persone in isolamento. Queste ultime anche nel Bresciano passate dalle 215 del 16 luglio alle 510 di ieri (fonte Ats Brescia). Non analogo l’incremento di ricoveri nelle terapie intensive che negli ospedali della rete bresciana sono fermi a uno, due nel periodo. «Il virus circola più di quanto documentato - afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, riferendosi al quadro generale - a causa dell’insufficiente attività di indagine e della mandata ripresa del tracciamento dei contatti, reso più difficile dall’aumento dei positivi».

A Brescia la circolazione del virus è più contenuta, ma non è da sottovalutare, anche se le vaccinazioni pesano in modo significativo nel contenere i casi gravi, come evidenziato dall’Istituto superiore di Sanità. Nella quarta ondata a pesare è soprattutto la variante Delta, ormai prevalente. «Anche i vaccinati si possono contagiare - ha ricordato Fauci, consigliere della Casa Bianca sulla pandemia di Covid - ed è noto che i vaccini non proteggono al 100% dal contrarre l’infezione».

La protezione è infatti stimata all’88,5% dopo due dosi dall’Istituto superiore di Sanità. I vaccini prevengono però altamente le forme gravi della malattia. «Nessun vaccino è efficace al 100%, perché il virus è cambiato - ha spiegato Fauci in un’intervista -. I dati sulla mutazione Delta che abbiamo a disposizione oggi mostrano che il livello di infezione nelle mucose in una persona vaccinata è lo stesso di quello in una persona non vaccinata, ma in chi è vaccinato il rischio che la malattia si manifesti in forma grave è più basso. È estremamente raro che una persona vaccinata, se pur contagiata, finisca in ospedale».

Per questo, è l’appello più volte ribadito dall’immunologo, «è necessario che la maggioranza delle persone si vaccini». La ragione è chiara: «Finché c’è circolazione elevata del virus tra le persone non vaccinate, diamo al virus la chance di variare ancora di più e rischiamo una variante peggiore della Delta, una variante che nemmeno i vaccinati potrebbero gestire», avverte. Ed aggiunge: «Se arriviamo all’85-90% di popolazione vaccinata, la variante Delta non avrebbe molti posti in cui andare e alla fine sparirebbe. Le persone non si rendono completamente conto che, fino a quando il virus circola in modo elevato tra le persone non vaccinate, gli diamo la possibilità di variare ancora».

La terza dose. Intanto, mentre da noi prosegue la campagna vaccinale, con il traguardo più vicino, ma ancora lontano, dell’immunità di gregge con oltre l’85% di persone immunizzate, in Israele inizia la somministrazione della terza dose del vaccino Pfizer. Si comincerà da domenica, su base volontaria, per gli over 60 che sono già stati immunizzati con due dosi da almeno cinque mesi. «Iniziamo un’altra campagna di vaccinazione», ha annunciato il premier Naftali Bennett, precisando di aver deciso al termine di approfondite consultazioni con esperti in Israele e all'estero che hanno confermato come l'efficacia delle prime due dosi cali in modo graduale e che occorra sostenerla con una terza dose.

In effetti è di ieri la pubblicazione di uno studio internazionale secondo cui, nell’arco di sei mesi, la protezione del siero anti Covid di Pfizer passa dal 96,2% all’83,7%. L’efficacia del vaccino, rileva lo studio pubblicato in preprint sul sito MedRxiv, raggiunge il picco durante l’intervallo da 7 giorni a 2 mesi dopo la seconda dose, e diminuisce gradualmente all’83,7% da 4 a 6 mesi, con un calo medio del 6% ogni 2 mesi. Anche l'Ue, tra l’altro, ha fatto sapere che non vuole farsi trovare impreparata. «Siamo molto consapevoli che servirà un rafforzamento del vaccino ed è il motivo per cui ci stiamo preparando, ad esempio concludendo un terzo accordo con Biontech/Pfizer per 1,8 miliardi di dosi che serviranno se occorrerà fare una terza dose, oppure per combattere le varianti, o se servirà vaccinare altri gruppi come ragazzi e bambini», ha detto un portavoce della Commissione. «Per essere pronti abbiamo anche opzionato altre 150 milioni di dosi di Moderna», hanno aggiunto da Bruxelles, chiarendo comunque che «tutte le decisioni saranno prese in base alle evidenze scientifiche».

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