Covid: dopo 263 giorni «giù la maschera» all’aperto
Al principio la si prese quasi come una barzelletta. Perché - si diceva - «crea agitazione». Non a caso l’immagine clou, quella più sbeffeggiata dal «no allarme pensiero» è stato il video che, proprio da Palazzo Lombardia, ha fatto il giro del mondo: in primo piano c’era il governatore Attilio Fontana, aveva appena saputo che una sua collaboratrice era risultata positiva al Covid. E per «dimostrare che la vita può continuare semplicemente prendendo le giuste precauzioni», il presidente ha scelto di indossare la vituperata mascherina. Le battute si sprecavano, le accuse di «irresponsabilità» pure. Fatto sta che, di lì a poco, studio dopo studio, le evidenze scientifiche sono piombate di colpo a scardinare certezze che, in quelle prime settimane, parevano granitiche: il virus non si trasmette solo attraverso le goccioline di saliva (dalle quali si era «al sicuro» mantenendo il distanziamento sociale), bensì anche attraverso aerosol. Da lì, da quel momento, la mascherina diventa un fronte di sopravvivenza. Ma soprattutto diventa un simbolo, per alcuni tanto odiato per altri quasi una «coperta di Linus»: il simbolo della «resistenza al Covid», il simbolo del rispetto e della solidarietà verso l’altro, il simbolo di uno stato di emergenza sanitaria che ha messo soqquadro le nostre vite. E dopo ben 364 giorni (di cui gli ultimi 263 consecutivi), a partire da oggi, la Lombardia è pronta a dire «ciao ciao mascherine» negli spazi aperti, a patto che non ci si trovi nel bel mezzo di un assembramento.
L’arrivederci del 2020. C’è chi ha pensato a una sfida tra amici per «gettarle» a canestro, nel cestino, allo scoccare della mezzanotte che ci siamo appena lasciati alle spalle. Come gesto simbolico, s’intende. E simbolico può esserlo davvero, in una Lombardia logorata dall’ostinazione del virus. La nostra, del resto, è stata la prima regione ad essere travolta dalCovid: non a caso la scorsa estate, quando la «diga vaccinazioni» non era ancora un paracadute pronto ad aprirsi, eravamo stati gli ultimi a poter riporre nelle borse o a custodire attorno al braccio i dispositivi di protezione negli spazi aperti. Un «addio» che si rivelò in realtà solo un «arrivederci»: in Lombardia senza mascherine all’aperto si è rimasti solo dal 15 luglio all’8 agosto, data in cui l’obbligo fu reintrodotto dal Governo Conte bis, un provvedimento reso necessario dal risalire dei contagi da Covid dopo la «pausa» estiva. Ottantacinque giorni in tutto, poco meno di tre mesi di semi-libertà.
Poi, il ritorno delle misure «rigorose»: era l’inizio della seconda ondata di pandemia, che ha visto il suo epicentro proprio nel nostro capoluogo e nella nostra provincia. Eppure, nelle prime settimane dell’emergenza, leader politici e delle istituzioni sanitarie si affrettavano a dire che le mascherine non servivano a chi non era contagiato ed era inutile la corsa nelle farmacie (dove erano introvabili).
Le nuove regole. Dopo otto mesi e mezzo consecutivi durante i quali chi veniva sorpreso per strada senza protezioni era passibile di multa (la sanzione, introdotta dal decreto Cura Italia, variava dai 400 ai mille euro), eccoci a dire «ciao ciao mascherina». Ma quali sono le regole da seguire? I dispositivi vanno portati comunque sempre con sé quando si esce di casa, perché nei luoghi chiusi (negozi, bar, ristoranti), dove può capitare di entrare, restano obbligatori. Lo stesso vale per i mezzi pubblici: su taxi, metro e bus non si può salire senza. Anche all’aria aperta, in alcune circostanze occorre indossare i Dpi: questo vale, come prescrive il Cts, nei «contesti in cui si creino le condizioni per un assembramento», come mercati, fiere e sagre. Attenzione dunque: si tratta di un «addio» posto a limitazioni, un refrain che suona familiare: la mascherina bisogna averla con sé. Per non replicare la trama dell’estate 2020, per scongiurare nuove infezioni, per non dare vantaggi alle varianti. E anche per non dimenticare la fatica compiuta per arrivare fin qui, nascondendo - per ben 364 giorni - sorrisi ed espressioni dietro questo simbolo a reti unificate dell’epidemia di Coronavirus.
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