Covid, al cinema il film girato al Civile durante la prima ondata

Mentre le incognite sulla fine della pandemia continuano a tenerci in scacco, è importante cominciare a rielaborare i traumi e i lutti causati dall’emergenza Covid-19, come anche non dimenticare il formidabile impegno di tutti gli operatori sanitari chiamati ad una missione straordinaria quando inedita.
Il cinema ci viene in soccorso in tal senso, grazie al documentario «Io resto» di Michele Aiello, affresco nitido della realtà ospedaliera realizzato osservando ciò che accadeva durante la prima ondata del virus, nella primavera 2020, in uno dei nosocomi più grandi d’Europa, il Civile di Brescia. Un film molto atteso, che domani sarà proposto in anteprima nazionale proprio nella nostra città, inaugurando, alla presenza dell’autore, la stagione del Nuovo Eden (alle 21, ingresso 6 euro, ridotto 5); sarà poi in programmazione dal 23 al 27 settembre.
Nel frattempo la pellicola è stata applaudita e premiata ai festival: all’estero, con la prima visione al prestigioso Visions du Réel di Nyon, e in Italia al Biografilm di Bologna, dove ha vinto il riconoscimento come miglior film. Il documentario è prodotto dal regista veronese con il direttore della fotografia Luca Gennari e ZaLab (noto collettivo che vede come capofila Andrea Segre) in collaborazione con RCE Foto Verona e Comune di Brescia.
È stato girato nell’arco di un mese da una troupe ridotta all’essenza - solo Aiello e Gennari - per muoversi con discrezione all’interno dei reparti Covid e far scattare quella magìa, tipica del cinema d’osservazione, che consente il piccolo paradosso di esserci, ma «sparire» dinanzi ai soggetti filmati, per testimoniare la realtà senza fronzoli e far successivamente scattare l’empatia negli spettatori. È nato così un film corale, che fa emergere tutta l’umanità della relazione di cura in un momento critico, muovendosi tra il reparto di Malattie infettive, le terapie intensive Covid, il Pronto Soccorso e le tende per il triage.
«Quando giro un film - spiega Aiello - cerco sempre di renderlo universale. L’ho fatto con molta intensità e tenacia in "Io resto". Significa che il pubblico, che sia a Roma, a New York o a Rio de Janeiro può ritrovarsi e riconoscersi nella storia di Brescia. Desidero tanto che questa città abbia un ruolo più importante di quello di raccontare alle future generazioni la propria storia, io vorrei che diventasse la custode e l’ambasciatrice di una memoria collettiva che può raccontare l’Italia intera. E spero che la comunità bresciana mi accompagni durante la diffusione del film con questo stesso spirito».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
