Covid, 2.500 operatori sanitari hanno detto no al vaccino

Pochi e soprattutto per cause di forza maggiore nel Bresciano. Per loro ricollocazione o sospensione dal luogo di lavoro
Vaccino e Covid (simbolica) - Foto Ansa  © www.giornaledibrescia.it
Vaccino e Covid (simbolica) - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Le strade sono due e due soltanto: la ricollocazione ad altra mansione e, quindi, ad un incarico che non metta a rischio contagio i pazienti, oppure la sospensione dal luogo di lavoro con il consequenziale congelamento dello stipendio. In attesa di conoscere i profili esatti del personale socio sanitario che ha deciso di non aderire alla campagna vaccinale, anche gli ospedali bresciani iniziano a «studiare» l’architettura organizzativa scandita all’interno del decreto ormai in vigore.

Nella nostra provincia il fronte «no vax» non preoccupa: tra coloro che ancora non hanno effettuato l’iniezione anti Covid, infatti, sono molti i dipendenti delle strutture ospedaliere che hanno bypassato la fase uno per cause di forza maggiore. Tradotto: erano, a loro volta, positivi al Coronavirus, oppure era stato somministrato loro da poco il vaccino antinfluenzale. Resta tuttavia una percentuale di dipendenti che non potrà (a causa di malattie comprovate) o che non vuole effettuare la profilassi. Il numero definitivo è in divenire (le vaccinazioni, spiegano tutte le aziende sanitarie, sono tuttora in corso proprio per consentire la somministrazione a chi non è riuscito a rientrare nella fase uno), ma stando ai dati più aggiornati, nel Bresciano si tratta di circa 2.500 dipendenti. Gli elenchi del personale sono già stati inviati alla Regione, quindi sono stati incrociati con i dati relativi alla campagna vaccinale.

 Ma per capire nel dettaglio come agire a livello pratico (ossia quante persone potranno essere dirottate a altre mansioni e quante, invece, sospese), le strutture hanno bisogno dei profili professionali. Spiega il direttore generale dell’Asst Spedali Civili, Massimo Lombardo: «Noi non abbiamo mai interrotto la vaccinazione dei dipendenti, specie perché a gennaio molti erano positivi al Covid. Per tutti gli altri applicheremo la norma alla lettera, anche se alla fine mi aspetto che questo sarà un fenomeno marginale e, dunque, senza particolari ricadute sull’organizzazione ospedaliera. Certo è che il principio sancito dal Governo è importante, perché ora esiste un obbligo che prima non c’era per questa categoria». Come si procederà, dunque? Chi, cioè, verrà dirottato su altri incarichi e quali saranno e chi, invece, andrà incontro alla sospensione (prevista non oltre il 31 dicembre)?

Il dg Lombardo non ha dubbi al riguardo: «Si valuterà caso per caso, perché molto dipenderà dal ruolo del dipendente. Ma per la ricollocazione darò priorità alle persone che hanno impedimenti di salute conclamati, per gli altri scatterà la sospensione come previsto». Del resto, nel testo del decreto si spiega come, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica, al fine di tutelare la salute e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, per tutte le professioni sanitarie e gli operatori che svolgono attività nelle strutture pubbliche e private è obbligatoria la vaccinazione da Sars-CoV-2. Vengono previste ipotesi di esenzione solo in relazione a condizioni cliniche certificate. In questi casi, quando possibile, si prevede un nuovo incarico. «Un’opzione è ad esempio il servizio nel reparto Covid - spiega il direttore Lombardo - perché hanno tutti i dispositivi di protezione e non si corre il rischio di infettare i pazienti, già positivi, oppure c’è la strada della telemedicina. Ma si valuterà caso per caso».

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