Cos'è la Balena Blu e perché se ne parla

Preoccupa, spaventa, fa discutere: ma cos'è il caso «Blue Whale Game»? Una sintesi
Un esemplare di balenottera azzura (archivio)
Un esemplare di balenottera azzura (archivio)
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Dal servizio della trasmissione «Le Iene»  del 14 maggio i riflettori sono di nuovo puntati sul caso «Blue Whale Game».

Tuttavia le informazioni divulgate sono confuse, le fonti disponibili si contraddicono e in qualche caso si è già iniziato a parlare di fake news. Mentre tra gli adulti si diffonde la preoccupazione, come dimostra anche la lettera pubblicata oggi sul Giornale di Brescia. Tanto che la Polizia Postale ha deciso di fare chiarezza pubblicando un post dedicato al caso.

Di cosa si tratta: Blue Whale, comunemente chiamata Balena Blu, sarebbe un videogame creato in Russia in cui il partecipante deve sottoporsi nell’arco di 50 giorni a prove sempre più pericolose che culminano nel suicidio. Si deciderebbe di partecipare postando l’hashtag #f57, che permette di essere contattati da un «curatore», un master che fornisce man mano le istruzioni del gioco. Le prove possono essere qualsiasi cosa: atti di autolesionismo, farsi selfie in situazioni pericolose, ascoltare una canzone e il 50° giorno suicidarsi, filmando la scena. Il curatore impedisce di tirarsi indietro con minacce di ritorsione alla famiglia, di cui dichiara di possedere dati privati. Il nome del gioco si ispira all’uso delle balene di spiaggiarsi e morire senza apparente motivo.

Ora, l’attribuzione al videogame della responsabilità di centinaia di suicidi di giovanissimi in Russia è opera di alcuni siti web inglesi che ne hanno scritto a febbraio 2017. In realtà secondo il sito americano Snopes sembra che tutto sia partito dal fraintendimento di una storia pubblicata dal sito russo Novaya Gazeta a maggio 2016. L’articolo collegava l’aumento di suicidi di ragazzini a una comunità di gioco online su VKontakte (VK), il più famoso social network russo simile a Facebook. Novaya Gazeta sosteneva che almeno 80 dei 130 suicidi commessi in Russia da novembre 2015 ad aprile 2016 fossero connessi a Blue Whale. Un’indagine indipendente di Radio Free Europe ha però rivelato che al momento nessuna causalità diretta è provata.

Cosa spinge allora a pensare il contrario?

La Russia è da tempo un terreno fertile per simili storie a causa dell’altissimo numero di suicidi di giovani fra i 15 e i 19 anni (un report del New York Times del 2012 ne ha contati 1700 solo in quell’anno). Secondo i dati dell’Ufficio del procuratore generale russo il 62% dei casi va attribuito a conflitti familiari e a stati d’angoscia generale, legata alla scuola e al rapporto con gli altri. Internet poi è pieno di gruppi dedicati al suicidio e in particolare è diventata mito la vicenda di Rina Palenkova, una ragazzina che si è suicidata dopo aver postato una sua foto su Vk e di cui si dice che avrebbe compiuto una sorta di rituale preparatorio. È probabile inoltre che dopo la sua morte siano nati sul web una serie di gruppi dedicati al suicidio chiamati Blue Whale, che per il sito Meduza più che istigare al suicidio catalizzano giovani già depressi.

Come se non bastasse, a intricare ulteriormente il caso Blue Whale c’è anche l’arresto a San Pietroburgo di Philipp Budeikin nel novembre 2016, un giovane studente di psicologia espulso dall’università, accusato di istigazione al suicidio di 16 ragazzine. Contattando sul web ragazze fragili e probabilmente depresse, Budeikin è convinto di aver fatto loro del bene: «Ho offerto loro qualcosa che non avevano nella vita reale: calore, comprensione, dialogo. Sono morte felici» ha sostenuto in un’intervista riportata da un sito russo (non molto affidabile ma tradotta in inglese da Snopes). Budeikin poi ha smentito l’esistenza di un significato misterioso dell’hasthag #f57,: questo non sarebbe altro che l’iniziale del suo nome e le ultime due cifre del suo numero di telefono. Sebbene Budeikin sia convinto di aver depurato la società di «rifiuti biologici», sebbene l’hashtag si sia stato usato dai giovani come speciale indicatore, non è ancora provato che sia lui il creatore del gioco né che Blue Whale sia responsabile dei 150 suicidi di adolescenti di cui è accusato.

Quello che rimane però è la straordinaria attenzione mediatica risollevatasi in tutta Europa a più di un anno della diffusione della notizia in Russia. Blue Whale sta diventando una moda folle?

Proprio in questi giorni sono in primo piano sul web video e notizie di tentati suicidi di adolescenti  in Italia dei quali è imputato il gioco. Fra gli ultimi, Maddalena che ha pubblicato un video choc (in questo momento virale) in cui si dice salvata dalle amiche che l’hanno scoperta a giocare e il suicidio del 15 enne di Livorno che è stato collegato da «Le Iene» al fenomeno.

Ma, anche qui, mentre Blue Whale è sulla bocca di tutti, ogni sito riporta una versione diversa della vicenda e della storia del gioco. Sono però in corso le indagini della Polizia Postale (che ha pubblicato online un vademecum a riguardo), come ha spiegato la direttrice Nunzia Ciardi in un’intervista apparsa sul Corriere Roma online ieri sera: «Abbiamo ricevuto due denunce da Milano e poi Cagliari, Firenze, Trento e scoperto conversazioni fra ragazze che facevano esplicito riferimento al “blue whale” ». Sono tutti casi da approfondire,  ma secondo Ciardi c’è un rischio che fa leva sulla vulnerabilità e sul malessere di alcuni ragazzi.

Per concludere, l’unico dato sicuro che abbiamo ora è che tutto è «unproven», come scrive Snopes, non verificato.  Il fenomeno esiste, ma vanno accertate la portata e le dinamiche perché quel che sappiamo è poco. Continuando a scandagliare la rete, questa storia dovrebbe ancora una volta ricordarci con quanta cautela dobbiamo avvicinarci (e spargere) alle notizie e che i dati di cui entriamo in possesso vanno sempre e comunque filtrati e approfonditi.

Per affrontare il tema giovedì in Sala Libretti al Giornale di Brescia l'incontro condotto da Giuseppe Maiolo.

 

 

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