Corsini: «Gorbaciov a Brescia? Fu come incontrare la grande Storia»

Lo storico era sindaco il 23 aprile 1999, quando il russo venne in visita a Brescia. «Fu una giornata di affabilità»
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QUANDO GORBACIOV FU A BRESCIA
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«Ore di affabilità». Così Paolo Corsini ha definito quelle trascorse con Mikhail Gorbaciov il 23 aprile 1999. Lui era sindaco di Brescia e riuscì ad avere il privilegio di ospitare la personalità di statura mondiale grazie all’intervento dell’amico piacentino monsignor Pietro Casella, co-presidente della Fondazione Gorbaciov in Italia. Corsini ripercorre con gioia quella «giornata straordinaria». E lo fa indicandoci, come prima cosa, la foto che lo ritrae quasi abbracciato a Gorbaciov, appesa nel suo studio nel collage dei ricordi fotografici degli incontri che hanno segnato la sua vita da politico.

«Un indiscusso leader di statura mondiale, amato da tutti tranne che in Unione sovietica. Fu lui a porre fine alla guerra fredda e al sistema che si reggeva sul Patto di Varsavia. Fu lui, primo segretario del Partito comunista sovietico, a dialogare con un Papa e ad essere ricevuto in Vaticano da Wojtyla - afferma Corsini -. Non si può non ricordare Raissa, dall’indiscusso fascino anche perché interpretò fuori dagli schemi il ruolo di moglie del segretario del partito». Ancora: «Insieme alla mia giunta lo aspettammo all’ingresso di palazzo Loggia: lui parlò a lungo sia nella sala del Consiglio sia in Vanvitelliano, davanti ad una folla che aveva riempito ogni spazio del palazzo. Per me la sua visita ebbe una valenza di rilievo e di grandi emozioni: mi sembrava di incontrami con la grande Storia perché lui sì, aveva proprio fatto la storia, segnando un passaggio fondamentale nella storia mondiale. So per certo che le stesse emozioni le suscitò nel vescovo Sanguineti: Gorbaciov era ateo, ma aveva spezzato la cortina di ferro dimostrandosi molto sensibile alle emozioni che provengono dalla coscienza».

Indimenticabile

Tre gli elementi che Paolo Corsini sottolinea. «Innanzitutto, mi ha stupito la valorizzazione dell’Europa da parte di Gorbaciov. Rimarcava che dopo il bipolarismo Usa-Urss era seguito l’unipolarismo degli Usa. Un’Europa forte avrebbe rappresentato un elemento di bilanciamento. Non dimentichiamo che lui fu il primo leader sovietico a dialogare direttamente con l’allora presidente degli Stati uniti Ronald Reagan. Poi, in geopolitica rivendicava la valorizzazione delle scelte autonome dei singoli Paesi. Basti ricordare le sue posizioni sulla guerra nella ex Jugoslavia. Una lungimiranza da cui già allora era distante il quarantenne Putin. Terzo elemento, il coraggio di aprire il suo immenso Paese attraversi due riforme fondamentali. Con la perestroika, la ristrutturazione, Gorbaciov mise a punto un piano per riformare il comunismo e farne un sistema socialdemocratico. La glasnost, che alla lettera significa trasparenza, diventò sinonimo di libertà di espressione, libertà di stampa. Lui era convinto che il comunismo si potesse riformare dall’alto, perché non dimentichiamo che era un uomo del sistema. Voleva cambiare il comunismo senza abbatterlo. Maturò però la convinzione che si trattava di un’impresa impossibile e che il comunismo era irriformabile».

Tornando alla visita bresciana, Paolo Corsini condivide alcuni aspetti del momento conviviale alla Sosta, dove con Gorbaciov cenarono alcuni importanti esponenti della società bresciana. «In particolare ricordo che tutti gli chiedevano un autografo. Tra questi, anche l’imprenditore Enzo Cibaldi che, in uno slancio di ammirata generosità, gli regalò la preziosa penna stilografica con la quale Mikhail gli aveva scritto un pensiero».

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