Contagi e decessi: i numeri del Covid-19 continuano a non tornare

In Italia fino a mezzo milione di positivi, mentre la Lombardia stima che ci siano 20mila malati non censiti. Anche sui decessi numeri parziali
Una donna con la mascherina - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Una donna con la mascherina - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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A oltre un mese dall’inizio dell’emergenza coronavirus è sempre più chiaro che i numeri, di cui attendiamo ogni giorno l’aggiornamento da parte delle autorità, dall’Ats alla Regione Lombardia fino alla Protezione Civile, rappresentano solo una parte della realtà.

Per quanto riguarda la Lombardia, il dato complessivo citato ieri dall’assessore al Welfare Giulio Gallera è di 30.703 positivi. Il suo stesso assessorato, però, stima che vi siano ventimila lombardi a casa con sintomi riconducibili al Covid-19, senza che però sia stato eseguito un tampone. 

A questi andrebbero poi aggiunti gli asintomatici, ben più difficili da conteggiare. Si tratta, in ogni caso, di numeri ben superiori a quelli comunicati. Come ha spiegato al Corriere della Sera Luigi Cajazzo, direttore generale dell’assessorato al Welfare, testare tutti i casi sospetti è «impossibile», considerando che i 22 laboratori attivi in Lombardia hanno una capacità di analisi di massimo seimila campioni al giorno. I test vengono dunque eseguiti solo sui casi che arrivano al Pronto soccorso, mentre ai medici di medicina generale viene chiesto di monitorare le persone malate rimaste a casa con sintomi che non comportano necessità di ricovero. Un’attività per niente facile: non mancano le testimonianze di chi ha sviluppato i sintomi del Covid-19 faticando a ricevere consulti, vista la mole di lavoro a cui devono fare fronte i medici. Si spera in un miglioramento della situazione: da lunedì saranno operative le unità speciali di continuità assistenziale, dalle 8 alle 20, che dovranno garantire il supporto ai malati a casa.

Resta comunque il problema dei numeri: non avere contezza dei contagi comporta un’incertezza inevitabile nelle strategie da adottare

Proprio ieri il sindaco di Brescia Del Bono ha denunciato come nel Bresciano «i contagi siano molti di più di quelli che ci dicono», così come i decessi. «Tanti sono malati in casa e non sappiamo come stanno», ha detto. Per capire l’andamento dei decessi serviranno raffronti con gli anni precedenti, una volta disponibili i dati, ma nel frattempo balzano all’occhio casi come quello di Coccaglio: i morti accertati per Covid-19 sono solo cinque, ma ci sono 24 persone decedute nella Rsa Casa Albergo Mazzocchi a cui non è stato fatto il tampone. Non solo: in un anno nel paese muoiono solitamente 75 persone: soltanto nel periodo tra l’1 e il 24 marzo ci sono già stati però 36 decessi.

Di cosa stiamo parlando, dunque? Ci vorrà ancora del tempo per avere un quadro completo delle conseguenze della pandemia di coronavirus, ma nel frattempo i dati disponibili dicono due cose: che i contagi nel Bresciano non diminuiscono e che la nostra provincia continua a pagare un prezzo altissimo in termini di vite umane. Dei 743 morti «ufficiali» di ieri a livello nazionale, 75 erano bresciani. Non numeri, ma persone con un carico enorme di sofferenze per loro e per i loro cari. 

Infine, sul fronte nazionale, il capo della Protezione civile Angelo Borrelli dice che è plausibile che i contagiati siano fino a dieci volte più numerosi di quelli censiti: non 54mila, dunque, come nell'ultimo dato riferito ieri, ma addirittura mezzo milione. Non a caso, la comunità scientifica ha inviato una lettera a Governo e Regioni per dire che «le attuali strategie di contenimento basate sulla identificazione dei soli soggetti sintomatici non sono sufficienti alla riduzione rapida della estensione del contagio nelle popolazioni affette». Al momento, però, non ci sono spiragli per un cambio di rotta e la catastrofe della salute pubblica, per usare le parole dei medici del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, prosegue.

 

 

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