Come funziona il sistema di accoglienza: cosa sono hotspot, Cas, Sai

La disciplina per migranti e richiedenti asilo e quella per i minori non accompagnati che li affida ai Comuni
Migranti in coda in una struttura di accoglienza - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Migranti in coda in una struttura di accoglienza - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Nelle ultime settimane Comuni e Prefetture di molte province si stanno mobilitando per trovare nuovi posti in grado di accogliere i migranti che continuano a sbarcare sulle coste italiane. Sono arrivati in queste ore anche nel Bresciano, a Flero, dove sono ospitati in un capannone nella zona industriale di Flero. Le strutture già esistenti sono in molti casi già del tutto occupate, nel Bresciano e in altre città, dal momento che i Centri di accoglienza straordinaria (Cas), concepiti come alloggi temporanei, sono diventati per molti migranti alloggi definitivi e oggi ospitano più persone di quante potrebbero.

Secondo i dati del Viminale, dal1° gennaio a oggi sono sbarcati in Italia 105.449 migranti, più del doppio rispetto a un anno fa in questo periodo.

In Italia il sistema di accoglienza è regolato di base dal decreto legislativo 142/2015, che negli ultimi cinque anni è stato modificato in alcune parti da tre decreti: il decreto sicurezza nel 2018 voluto dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini durante il primo governo Conte, la riforma Lamorgese nel 2020 (secondo governo Conte) e il decreto Cutro sulla gestione dei flussi migratori, emanato dopo il naufragio di migranti avvenuto al largo delle coste di Steccato di Cutro, in Calabria, convertito in legge a maggio di quest’anno.

Come funziona l'accoglienza

Quando sbarcano in Italia le persone soccorse in mare vengono portate nei cosiddetti hotspot, centri di prima assistenza dove vengono identificate e ricevono la prima assistenza sanitaria. Qui i migranti che vogliono chiedere una protezione internazionale - lo fanno quasi tutti perché altrimenti verrebbero trasferiti nei centri di permanenza per i rimpatri - vengono trasferiti nei centri governativi di prima accoglienza gestiti dal ministero dell’Interno, che stando a quanto riportato sul sito del Viminale sono nove: Bari, Brindisi, Isola di Capo Rizzuto (KR), Gradisca d'Isonzo (GO), Udine, Manfredonia (FG), Caltanissetta, Messina, Treviso. In queste strutture vengono accertate le eventuali condizioni di vulnerabilità delle persone ma come denuncia Open Polis i servizi sono stati ridotti al minimo dal decreto Cutro: sono stati eliminati l’assistenza psicologica, i corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio. Restano attivi soltanto l’assistenza sanitaria, quella sociale e la mediazione linguistico-culturale.

La domanda di protezione internazionale può essere fatta da tutte le persone straniere che entrano in Italia. Viene esaminata dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, che è un ufficio presente in ogni Prefettura. Esistono diversi tipi di protezione internazionale, come l'asilo politico e la protezione sussidiaria. Il decreto Cutro ha abolito la protezione speciale, che veniva garantita a persone provenienti da contesti difficili ma che aveva requisiti meno rigidi degli altri tipi di protezione. 

La terra di mezzo dei Cas

Chi è in attesa di una risposta sulla protezione internazionale dovrebbe essere ospitato in strutture pubbliche apposite, ma i posti sono pochissimi. Di conseguenza la maggior parte dei migranti finisce in una terra di mezzo che è rappresentata dai Cas, in teoria Centri di accoglienza straordinaria, cioè strutture dove vengono ospitati i migranti in mancanza di posto nei centri pubblici. I Cas sono gestiti dalle Prefetture, che a loro volta affidano l'assistenza a associazioni e cooperative tramite una convenzione.

Come dice appunto il nome, i Cas nascono per sopperire alla mancanza di posti nelle strutture ordinarie dell’accoglienza, ma in questi anni si sono trasformati in alloggi quasi definitivi o comunque molto più che temporanei per molte persone che fanno richiesta d’asilo: «I tempi di attesa per essere convocati in commissione arrivano fino a un anno e mezzo» spiega Benedetta Verità, referente del Cas gestito da Comunità Fraternità, che al momento sta ospitando 103 persone. Le tempistiche lunghe della procedura d’asilo non sono l’unica ragione che costringe le persone a restare a lungo nei Cas: «Abbiamo tre famiglie con i documenti in regola che potrebbero quindi passare in un Sai ma sono bloccate da noi da due-tre anni perché ai Sai i posti per i nuclei familiari sono pochi» continua Verità.

Il passaggio da un Cas al Sai (Sistema di accoglienza integrata) è fondamentale per iniziare un percorso di integrazione effettivo, di inserimento nella società: «I servizi sono di più rispetto a quelli di un Cas perché appunto hanno obiettivi diversi – spiega ancora Verità –. Vengono per esempio offerti corsi di formazione, tirocini lavorativi, si pagano le rette dell’asilo per i bambini, oltre a tutta l’assistenza di base presente anche nei Cas, con sanitari, mediatori e assistenti sociali, che peraltro sarà in parte tolta con il decreto Cutro».

Il secondo livello

Il secondo livello di accoglienza è rappresentato dal Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), che ha sostituito i precedenti Siproimi e Sprar. È una rete di strutture pubbliche che fa capo all’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) ed è gestita dai comuni, che tramite bandi affidano i progetti di accoglienza e integrazione ad associazioni e cooperative. Prima del decreto Cutro al Sai potevano accedere anche le persone che avevano solo fatto domanda d'asilo: adesso possono farlo solo chi ha già ottenuto lo status di rifugiato e alcune categorie di richiedenti asilo che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità, come i minori non accompagnati e i profughi dall'Ucraina e dall'Afghanistan. 

Secondo un’elaborazione di Open Polis, dal 2014 le presenze nei Cas sono continuate ad aumentare, con un picco tra il 2016 e il 2018, gli anni di maggiore emergenza nell’accoglienza dei migranti in Italia. Al contrario, il sistema ordinario che oggi è chiamato Sai (prima Sprar e Siproimi) non è mai stato il maggioritario.

I minori non accompagnati

Discorso a parte richiede l'inquadramento relativo ai minori stranieri non accompagnati (in sigla Msna). Il nostro Paese nel 2017, unico in Europa, si è dotato di una legge ad hoc (legge Zampa) per la tutela dei migranti che non raggiungono i 18 anni, prevedendo un regime di speciale salvaguardia. La norma esclude a priori il respingimento del minore e dispone l'assegnazione di due possibili permessi di soggiorno, per minor età (fino al compimento del 18esimo anno) e per motivi familiari. 

A livello nazionale le presenze sono censite attraverso il Sistema informativo nazionale dei minori non accompagnati (Sim), la cui cura a livello territoriale è affidata ai servizi sociali dei singoli comuni ospitanti (con ricadute sui bilanci delle casse comunali per molti enti locali non trascurabili, considerato che il rimborso da parte dello Stato avviene con tempi lunghi). I minori stranieri non accompagnati (Msna) censiti in Italia al 30 giugno 2023 erano 20.926, in maggioranza maschi, provenienti anzitutto da Egitto (5.341) e Ucraina (4.512). La Lombardia è la regione che ne conta di più, con il 13,2% del totale nazionale.

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