Cinghiali, il giudice rigetta le misure chieste dall’accusa

Per il Gip «nessun danno, né dolo» negli abbattimenti operati dalla Provincia
Al centro del dibattito l'«emergenza cinghiali» e i tentativi per contenere la loro sovrabbondanza - © www.giornaledibrescia.it
Al centro del dibattito l'«emergenza cinghiali» e i tentativi per contenere la loro sovrabbondanza - © www.giornaledibrescia.it
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Non c’è dolo negli abbattimenti di contenimento svolti dai dipendenti della Provincia e per quanto disposto dai funzionari della Regione, ma addirittura dall’abbattimento di quei 200 e più cinghiali dal 2015 nel Bresciano non può essere derivato un documento della fauna «atteso che dai dati risultanti negli atti emerge il costante aumento della popolazione di cinghiali, nonostante il ricorso al contenimento».

Il Gip scrive poi che di queste attività erano al corrente gli uomini del Corpo Forestale delloStato, «soggetti deputati al controllo» e gli addetti della Provincia sarebbero invece incorsi in un errore «ritenendo di adempiere un dovere di ufficio», ma «in assenza di volontà sia di appropriarsi dei beni dello Stato, sia in relazione al danno ambientale». Così il giudice Cesare Bonamartini non ha accolto le richieste avanzate dal pm Ambrogio Cassiani di misure cautelari di sospensione dall’incarico per 7 dipendenti pubblici indagati col presidente Mottinelli nella vicenda del contenimento dei cinghiali.

Nell’ordinanza si riconosce poi la validità della norma regionale sulla caccia, mentre il pm ne sollevava il vizio di costituzionalità come accaduto alla legge ligure, riconoscendo poi gli «operatori espressamente autorizzati dalla Regione», ovvero i cacciatori «formati». Nell’ordinanza si precisa poi che «al personale della Provincia è inibita la disapplicazione delle norme regolamentari adottate dal consiglio Provinciale». Quegli operatori dunque, dovevano agire come hanno fatto, considerazione che di fatto smonta come un castello di carte le accuse della Procura.

 

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