Ciclabilità, mobilità e sicurezza: «Puntiamo sulle Città 30»

Parla Enrico Chiarini, ingegnere monteclarense, attuale responsabile del Centro Studi Fiab nazionale
Un ciclista in città - © www.giornaledibrescia.it
Un ciclista in città - © www.giornaledibrescia.it
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«Considerato l’incremento del numero di ciclisti in circolazione, sul fronte dell’incidentalità non si nota un aggravamento della situazione». Una lettura che viene da Enrico Chiarini, ingegnere monteclarense che è attuale responsabile del Centro Studi di Fiab italia (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta).

Una prospettiva la sua che non manca di evidenziare alcune novità significative che l’anno volto al termine ha portato con sé, in seno al Codice della Strada rinnovato pochi mesi fa: le corsie ciclabili, la casa avanzata per i ciclisti (in corrispondenza di incroci semaforizzati) o il doppio senso ciclabile sono tutti aspetti – in parte già recepiti da molti comuni, come la stessa Brescia – che concorrono a creare una maggior attenzione e comprensione della presenza delle bici sulle strade».

In Maddalena uno dei cartelli che invitano i conducenti a rispettare il metro e mezzo di distanza laterale dai ciclisti - © www.giornaledibrescia.it
In Maddalena uno dei cartelli che invitano i conducenti a rispettare il metro e mezzo di distanza laterale dai ciclisti - © www.giornaledibrescia.it

Nel maggiore testo normativo della circolazione stradale, invece non ha trovato spazio il cosiddetto metro e mezzo di distanza laterale per il superamento dei ciclisti: «Probabilmente perché si tratta di una misura di difficile applicazione in alcune sedi stradali. Ma il principio del metro e mezzo può essere utile in forma di campagna di sensibilizzazione per aumentare l’attenzione da parte di tutti gli utenti della strada, affinché tutti possano godere dell’ambiente stradale in modo sicuro».

Questo probabilmente il fronte sul quale per Chiarini va focalizzata l’attenzione a partire dal 2022 appena iniziato: quello della consapevolezza. «Anzitutto serve una maggior assunzione di responsabilità da parte di chi guida i mezzi più forti: sono quelli dall’urto dei quali in caso di incidente derivano le conseguenze più gravi per un ciclista (o un pedone), indipendentemente dal fatto che il sinistro stesso derivi da una distrazione o una disattenzione di quest’ultimo».

L'accresciuto numero di utenti a due ruote poi si pone di per sé come fattore positivo, secondo un principio che trova conferma in studi e statistiche: «In inglese viene definito "safety in numbers" e si traduce grossomodo in "sicurezza nei numeri". In concreto, più ciclisti ci sono in strada, più diminuisce conseguentemente l'incidentalità». 

Dove la bici è mezzo di massa: un parcheggio ad Amsterdam
Dove la bici è mezzo di massa: un parcheggio ad Amsterdam

Sempre ad una maggior consapevolezza, poi, bisogna puntare in generale guardando agli sviluppi della ciclabilità: «È un buon segnale in questo senso l’incremento significativo di investimenti sia da parte delle Regioni che dello Stato volti a interventi per incoraggiare l’applicazione della legge 2 del 2018, legge che poneva la mobilità ciclistica come elemento fondamentale per il trasporto urbano dei prossimi anni» evidenzia Chiarini, che supera anche l'idea limitata della bici come di mezzo deputato prevalentemente ad una dimensione ludica, di svago.

L’obiettivo è quello di ridefinire l’equilibrio tra le varie forme di mobilità: «Risolvere le criticità non vuol dire costruire nuove piste ciclabili. Queste hanno senso su arterie ad alte velocità, negli altri casi occorre ricorrere ad altri strumenti che rientrano nel più ampio concetto di moderazione del traffico».

In bici verso il futuro
In bici verso il futuro

In una formula: «Il concetto è quello di “Città 30”. Normativamente non è ancora definito, conosciamo le zone 30 rispetto alle quali di fatto si pone come un’estensione. Alcune città come Rovereto, San Donato Milanese o Bologna ne stanno già parlando: l’idea di base è quella di recuperare il senso di qualità della vita nelle città, limitando il traffico veicolare solo agli assi stradali principali, così da rendere possibile una maggior condivisione degli spazi fra tutti gli utenti. Questo significa guardare in un’ottica di riqualificazione del tessuto urbano, di rigenerazione che impone di ripensare gli spazi, la mobilità, la relazione, ma anche la distribuzione dei servizi (a partire dal piccolo commercio) e il recupero di funzioni oggi spesso confinate ad alcune zone penalizzandone altre».

Le nuove regole della strada riguardano anche le bici in centro urbano - Foto © www.giornaledibrescia.it
Le nuove regole della strada riguardano anche le bici in centro urbano - Foto © www.giornaledibrescia.it

In questo senso a livello europeo, fa scuola il caso di Parigi, dove la declinazione di questa idea di dimensione urbana rinnovata trova sintesi nel concetto di «Città-15 minuti»: «Una città in cui tutti i servizi sono raggiungibili a piedi o in bici in capo ad un quarto d’ora, così da ridurre la necessità di ricorrere ad un mezzo privato» spiega ancora Chiarini.

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Certo una riflessione non può mancare anche sul fronte dell’impatto che la pandemia ha avuto per lo sviluppo della mobilità ciclistica: «Negli ultimi due anni l’uso della bici è aumentato del 50%, si tratterà di capire quanto di questo incremento resterà dopo l’emergenza». Questi mesi difficili, tuttavia, mettono in luce anche un altro aspetto: «Il mezzo di trasporto pubblico, la pedonalità e la ciclabilità devono essere sempre più alleati e non concorrenti. I secondi devono facilitare l’accesso al primo». Una sinergia più difficile da realizzare rispetto al trasporto su ferro, «complice la disattenzione sul tema degli ultimi decenni da parte della politica. Ma non impossibile: il caso di Brescia con la linea di tram che da poco ha ottenuto anche importanti risorse dal Governo ne è un esempio» conclude il responsabile del Centro Studi Fiab.

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