Caso pm milanesi, si è aperto a Brescia il processo a Davigo

Ammesse in aula le telecamere. L'ex consigliere del Csm è imputato per il caso dei verbali di Piero Amara su una presunta Loggia Ungheria
Le telecamere in aula durante il processo - Foto © www.giornaledibrescia.it
Le telecamere in aula durante il processo - Foto © www.giornaledibrescia.it
AA

Con l'ammissione delle tv in aula si è aperto a Brescia il processo in cui l'ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo è imputato per il caso dei verbali di Piero Amara su una presunta Loggia Ungheria. «Noto la presenza di telecamere. Le riprese televisive non sono necessarie» ha detto il pm Francesco Carlo Milanesi che con il collega Donato Greco è titolare del fascicolo. «Ci rimettiamo alle vostre decisioni, ma non abbiamo problemi alla presenza delle telecamere in aula» hanno affermato i legali di Davigo. Quindi come primo atto del dibattimento, il collegio della prima sezione penale presieduto da Roberto Spanò ha autorizzato la presenza delle telecamere.

Davigo risponde di rivelazione del segreto d'ufficio. Parte civile è invece l'attuale componente del Csm, Sebastiano Ardita.

«Ammettiamo tutti i testimoni e strada facendo faremo una valutazione». Così il presidente del Collegio Roberto Spanò nel corso della prima udienza.

Le dichiarazioni di Davigo

«Io ho chiesto la pubblicità dell’udienza perché ritengo che l’opinione pubblica voglia sapere cosa è accaduto». È iniziata così la dichiarazione spontanea di Piercamillo Davigo imputato davanti al tribunale di Brescia per rivelazione di atti coperti da segreto nell’ambito della presunta Loggia Ungheria. «Voglio essere prosciolto per quello che emerge dall’udienza e per questo non ho chiesto l’abbreviato. Sono pronto a rendere subito il mio esame perché la vicenda è molto più semplice di quanto sembra. Io credo - ha proseguito Davigo - di aver fatto il mio dovere nelle uniche forme in cui andava fatto. Storari mi informa di una situazione che io ritengo legittima. Io non contesto che Storari mi abbia consegnato una chiavetta. È vero e l’ho detto» ha detto Davigo, che ha poi aggiunto: «Non bisogna scappare dal giudice quando si è innocenti e per questo non faccio eccezioni di competenza territoriale. Ho diritto di sapere perché condotte identiche mi vengono contestate come rivelazione di segreti d’ufficio e altre no. Perchè è lecito se lo dico a Curzio e illecito se lo dico a Ermini?».

Il presidente del collegio Roberto Spanò ha ripreso la parola richiamando Davigo: «So che è difficile sfilarsi la toga, ma la invito a calarsi nella parte dell’imputato».

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia