Caso ’Ndrangheta: chi è Philip Spinel, uomo chiave dell'inchiesta

Reggono le accuse di tre procure diverse. «Emerge un grave quadro accusatorio» scrive il gip del tribunale di Brescia Andrea Gaboardi nelle 57 pagine di ordinanza con la quale ha convalidato il fermo di Francesco Candiloro, co-proprietario di un laboratorio di pasticceria in città, Giuseppe Zappia residente a Nuvolera e Gianenrico Formosa che abita a Flero.
In contemporanea in Calabria sono stati convalidati i fermi di Vincenzo Larosa e Michelangelo Tripodi. Sono i cinque in carcere da lunedì mattina con l’accusa - mossa dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia - di detenzione di armi da guerra e ricettazione, con l’aggravante di aver agito per conto della ’Ndrangheta.
«In particolare - scrive il pm - il fatto veniva commesso al fine di ribadire e rafforzare il prestigio criminale ed il potere di controllo del territorio di riferimento da parte della cosca Crea ed il vincolo di fedeltà tra i suoi associati».
Il gruppo, secondo le indagini del pm Teodoro Catananti, avrebbe voluto utilizzare le armi per uccidere un ex componente della cosca, che si era dissociato dopo aver commesso un duplice omicidio nel 1992, che già era scampato anni fa a Reggio Emilia ad un attentato e residente a Canale d’Agordo, in provincia di Belluno. Candiloro e Tripodi sono poi accusati anche dalla procura di Ancona di essere i responsabili dell’omicidio di Marcello Bruzzese, fratello del collaboratore di giustizia Girolamo, freddato con 20 colpi di pistola il giorno di Natale del 2018 a Pesaro.
Dei cinque, solo Zappia aveva deciso nel corso dell’interrogatorio di convalida del fermo di rispondere alle domande del gip. Proclamandosi innocente. «Non conosco quello che mi accusa» ha detto.
«Quello» a cui fa riferimento Zappia è Philip Spinel, 47 anni compiuti ad agosto e attualmente in carcere. È l’uomo chiave dell’inchiesta bresciana. Dopo l’arresto «per detenzione di svariate armi da guerra» Spinel è stato sottoposto a undici interrogatori e ha fatto nomi e cognomi. Portando gli inquirenti anche tra i boschi bellunesi, dove aveva nascosto una bomba a mano che nei piani sarebbe dovuta finire sotto l’auto dell’ex affiliato alla cosca Crea.
Secondo le indagini, Larosa aveva ricevuto il mandato di uccidere il pentito, Candiloro e Tripodi erano in contatto con Larosa e a loro volta dirigevano e coordinavano Zappia, Formosa e appunto Spinel, «nell’effettuazione di sopralluoghi nei pressi dell’abitazione della vittima designata, nell’individuazione un soggetto che avrebbe dovuto adescare la vittima e così favorire l’azione di fuoco, nella ricerca e nella scelta delle armi da utilizzare per compiere l’omicidio» scrive il pm Teodoro Catananti.
Dopo l’arresto Spinel decide, dal 9 settembre 2020, di collaborare con la giustizia «manifestando sin da subito estrema preoccupazione sulle possibili conseguenze negative per la propria incolumità in conseguenza delle dichiarazioni che avrebbe potuto rendere». E spiega dettagli che gli inquirenti ritengono fondamentali.
Spiega che «Zappia ha consegnato a Formosa la bomba a mano e da quest’ultimo custodita in un capannone ad Isorella. Poi io e Formosa l’abbiamo portata a Canale d’Agordo dove abitava l’obiettivo dell’attentato». L’uomo da colpire però non è in casa e nemmeno c’è la sua auto sotto la quale doveva essere posizionato l’ordigno. «E così decidiamo di nascondere la bomba a mano in un bosco vicino» racconta Philip Spinel. Che il 12 settembre 2020 porta i carabinieri di Brescia nella zona boschiva del paese bellunese e fa ritrovare la bomba a mano da guerra di provenienza jugoslava. «È stata riconosciuta l’assoluta attendibilità di Spinel - scrive la Procura - e le sue dichiarazioni sono state oggetto di puntuale e rigoroso riscontro».
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