Candelora, pioggia o sole: il dialetto è furbo e non sbaglia mai

Il dibattito sul proverbio e sulle prospettive per i prossimi 40 giorni tiene banco: ecco tutte le versioni della tradizione locale
Candele (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
Candele (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
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Ma allora, con la ricorrenza della Candelòra siamo fuori dall’inverno oppure ci dobbiamo rimanere dentro ancora per una fredda quarantena? In tanti ci hanno scritto, accreditando le varie declinazioni del detto popolare (con attestazione di ricordi di nonni e congiunti risalenti fino all'Ottocento: grazie a tutti per i preziosi contributi e l'attenzione). 

Il dibattito che si è scatenato sui social dopo le news online con le quali il nostro sito richiamava i detti popolari sul 2 febbraio ci racconta due cose: la prima è che i bresciani continuano a nutrire nei confronti del proprio dialetto una curiosità viva e affettuosa, la seconda è che la saggezza popolare era sufficientemente furba da non farsi mai mettere all’angolo.

Ma andiamo con ordine. Già Gabriele Rosa - nel suo «Dialetti, costumi e tradizioni delle provincie di Bergamo e di Brescia» pubblicato nel 1857 - ricordava questa versione: «A la Madóna de la Seriòla (anche così viene chiamata la ricorrenza del 2 febbraio, ndr) de l’inverno am sé fòra, ma se el pióf o ‘l tìra vènt, quaranta dè am tùrna dènt». Insomma: la Candelora segna normalmente l’uscita dall’inverno, ma se è una giornata con pioggia o vento allora ci siamo dentro ancora per quaranta giorni».

La stessa dicitura - con piccole e ininfluenti variazioni - è riportata anche dall’autorevole Francesco Braghini nel suo «Proverbi in dialetto bresciano del mondo contadino». Ma lo stesso libro poche righe più in là registra anche un altro detto: «San Pàol ciàr, fósca la Candelòra, l’invèren non ‘l fa piö póra». Cioè: San Paolo (25 gennaio) chiaro e Candelora (2 febbario) scura, l’inverno non fa più paura». Per la cronaca: nel Bresciano l’ultimo 2 febbraio è stato scuro e piovoso e il 25 gennaio è stato sereno. Il sito Valtrompia Storica (sempre ricco di documenti e richiami al nostro dialetto) complica ancor più le cose perché riporta questa versione: «Se l’piöf èl dé dè la Candelòra, dè l’inverno èn sé za fòra. Se ‘l fa sul o se ‘l fa vènt, ne l’inverno èn se turna dènt». Cioè: «Candelora piovosa inverno addio, Candelora soleggiata e ventosa inverno presente».

Insomma, a questo punto comincia a girarci la testa. Come prenderla? Col sorriso, così come di solito fa la saggezza dialettale. Quando si trattava di fare previsioni meteo, i nostri vecchi ricorrevano alla furbizia. Guardavano al più vicino monte di riferimento (il Gölem, il Pizòcol, la Madaléna…) e poi aspettavano che attorno alla vetta si addensasse qualche nube per sentenziare: «Quand che la Madaléna la g’ha el capèl… o che el fa bröt o che el fa bèl». Ci azzeccavano sempre. A riidìs.

Ps: se vi appassionano le mille vicende del dialetto bresciano, non perdetevi gli appuntamenti della rubrica Dialektika

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