Bus bruciato, l'autista condannato a Brescia per molestie

Nel 2015 l’autista Sy venne condannato dalla Corte d’Appello cittadina per aver molestato una 17enne
Sy, l’autista sequestratore, aveva pesanti precedenti penali - Foto © www.giornaledibrescia.it
Sy, l’autista sequestratore, aveva pesanti precedenti penali - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Il giorno dopo la strage sfiorata la domanda di tanti è una: perché Ousseynou Sy si trovava ancora al volante di un pullman? Alle spalle aveva una condanna per guida in stato d’ebbrezza dopo essere stato fermato ad Orzinuovi dove viveva l’ex moglie e madre dei suoi due figli e poi, soprattutto, una seconda per violenza sessuale.

L'uomo aveva infatti fermato l’autobus per palpeggiare l’unica passeggera, una ragazzina di 17 anni. Per questo Ousseynou Sy era stato condannato a un anno e due mesi. Pena confermata anche dalla giustizia bresciana, ma che non è però servita a evitare che l’autista tornasse a guidare un mezzo con a bordo giovanissimi.

È del 9 novembre 2015 la sentenza della Corte d’Appello di Brescia nei confronti del senegalese, ora in carcere con l’accusa di sequestro di persona, strage, incendio, resistenza con l’aggravante del terrorismo. In primo grado, il 15 maggio 2012, il tribunale di Crema al termine del processo celebrato con rito abbreviato lo condannò per molestie, ma i giudici bresciani nel novembre di quattro anni più tardi riformarono la sentenza trasformando il reato in violenza sessuale.

«Per aver compiuto con violenza due palpeggiamenti del seno della vittima, fermando il pullman di cui era l’autista e sul quale viaggiava la giovane di 17 anni» si legge agli atti. La condanna è diventata definitiva lo scorso 28 novembre con le motivazioni della Cassazione depositate a gennaio. «La persona offesa non si sarebbe sentita violata nella sua libertà personale, ma solo infastidita dal comportamento dell’autista» avevano scritto i legali del senegalese nel ricorso presentato a Roma.

«Si tratta di un atto sessuale dolosamente posto in essere contro il consenso della 17enne come correttamente indicato dalla Corte d’appello di Brescia» ha scritto la Cassazione che, come gli altri giudici, ha ritenuto credibile la ragazzina «che conosceva l’autista solo di vista escludendo che potesse avere motivi di pregresso astio o rancore che potessero - si legge nella condanna definitiva - far generare anche solo dei sospetti di una finalità calunniosa».

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