Bufale bresciane: la mamma mangia il figlio e il cane violentato

In passato le «fake news» hanno lasciato il segno, ecco come difendersi e cosa fare per individuarle
Attenzione ai click. In viaggio tra le bufale della rete
Attenzione ai click. In viaggio tra le bufale della rete
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Maria Esposito, 39 anni di Brescia, ha ucciso il figlio di 5 anni perché «piangeva e si lamentava» per poi divorarselo a morsi come in un film horror. Al rientro a casa, Flavio Giavomelli, 42enne, padre del piccolo Mattia, si è ritrovato davanti a questa spaventosa scena: la moglie a terra in un lago di sangue sopra il corpicino del figlio, la donna presa da un raptus di follia stava riducendo Mattia a brandelli con dei morsi. La mamma era in cura da uno specialista per depressione post partum che durava da anni. Orrore allo stato puro. Una notizia tanto raccapricciante da rasentare l’incredibile. Infatti è falsa. Ma comunque credibile a sufficienza per essere rilanciata dal sito internet RaiNews24. Creando così un doppio cortocircuito, perché anche il sito è falso: quello vero della televisione di Stato è rainews.it.

La storia della mamma che si mangia il suo bambino (che fa impressione solo a dirla, per quanto falsa) è certo la più clamorosa bufala bresciana degli ultimi tempi, creata ad hoc dal provocatore Ermes Maiolica, per rendere efficace il suo intervento ad un convegno nella nostra città, dedicato appunto ai pericoli del web. Ma l’elenco delle bufale nostrane è lungo.

La cagnolina. Che dire di quel povero husky rapito dalla sua casa di San Polo, dai suoi affetti. Ma non per essere portato in Siberia a tirare slitte, molto peggio: la cagnolina sarebbe stata sedata con del Valium e poi violentata da più persone. Vi rendete conto? Sarebbe stato un caso di zooerastia. Sarebbe stato perché la notizia è totalmente falsa. E non è finita, perché nei giorni successivi la storia prende due seguiti: nel primo si parla di un violentatore seriale, con altri cani spariti; nel secondo la cagnolina viene nuovamente rapita e nuovamente violentata. Partendo da una bufala, anche gli sviluppi erano (ovviamente) completamente privi di fondamento. Eppure hanno tenuto banco (su carta e su vari siti locali) per molti giorni. Le notizie false trovano nella dietrologia, nei misteri, un terreno fertile.

Un paio d’anni fa morì Antonio, 62enne senzatetto che aveva trasformato piazza Vittoria nella sua casa. Pronto il commento social che aveva scatenato i dubbi: «Non ho ancora capito se sia morto per gli esiti di una fatale caduta, come risulta ufficialmente, o per le conseguenze di un pestaggio, come mormorano alcune voci». In questo caso sarebbero le fonti ufficiali a diffondere la fake news, «smentita» però dalle voci.

Come fare allora a individuare la verità? Le fake news. La traduzione letterale è «notizie false», ma il fenomeno ha acquisito negli ultimi mesi contorni ben più inquietanti. Si tratta di contenuti ingannevoli, o anche spudoratamente inventati, diffusi attraverso la rete sfruttando strategicamente le dinamiche di piattaforme digitali come Facebook, Twitter e siti di «disinformazione alternativa». Spesso hanno titoli sensazionalistici o allarmanti, cuciti su misura per far abboccare un pubblico creduolone, poco avvezzo alla verifica delle fonti o anche alla lettura per intero degli articoli.

Il fenomeno assume sfumature pericolose, se a cadere nel tranello sono persino le fonti ufficiali e riconosciute come autorevoli, in primo luogo gli organi di informazione, che contribuiscono inconsapevolmente alla loro diffusione virale. Perché se ne parla.

Le bufale oggi fanno ancora più paura, perché vengono create e fatte rimbalzare non solo a scopo remunerativo, guadagnando con i clic sui banner pubblicitari associati agli articoli. Le fake news hanno spesso ragioni politiche ed economiche e hanno il potere di influenzare e manipolare l’opinione dei lettori.

Torna allora la domanda: cosa fare? La parola chiave è verificare. Informarsi in modo consapevole, scegliere fonti autorevoli, affidarsi a siti web specializzati e gestiti da professionisti. Ma soprattutto, pensare prima di cliccare.I rischi del web.

 

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