Brescia: un secolo fra le stelle e ora i minisatelliti Fees
Fu la passione per l’aerodinamica a far puntare il naso all’insù a Cosimo Canovetti, ingegnere del Comune di Brescia che, nel 1898, dal Castello cittadino installò un cavo di 170 metri per studiare la discesa dei corpi con una precisione mai raggiunta prima. Sperimentò, a quanto pare, anche dei razzi pirotecnici, e non pago mise a punto il primo motore turboelica d’Italia, forse del mondo. Canovetti, di origine toscane e studi compiuti in Francia, morì a Gardone Riviera nel 1932 lasciando alla brescianità una grande eredità: la voglia di andare oltre e puntare dritti al cielo e allo spazio, espressa dopo di lui da un altro grande pioniere nostrano dell'astronautica quale Luigi Gussalli. Sfida raccolta: sì.
L’idea di una Brescia con i piedi solidamente piantati a terra, ma con un po’ di testa fra le stelle è rimasta e si perpetua ancora. Tanto da meritare un posto di riguardo nel libro d’oro della Giornata Nazionale dello Spazio indetta per oggi, a memoria del lancio - alle 20 e 24 minuti del 15 dicembre 1964 dalla base Nasa in Virginia, quando un razzo Scout portò in orbita il primo satellite del Progetto San Marco, ideato e realizzato dal colui che è considerato ancora oggi il papà della ricerca spaziale italiana, ovvero il generale dell’aeronautica e professore Luigi Broglio. Brescia quindi ha una vocazione spaziale: ecco tre storie che lo dimostrano.
Da via Triumplina
Guido Meggiorin. Sembra di vederlo ancor oggi, soddisfatto nel seguire sul monitor il tracciato dell’orbita del suo MegSat. Piccolo satellite in grado di captare e gestire dati, pensato, progettato e prodotto in città nella sede della società di via Triumplina che importava e commercializzata i Motorola, cellulari leggendari prima dell’avvento degli smartphone. Per mestiere Meggiorin aveva imparato il valore dei dati, cosa che non era ancora percepita come determinante e urgente oltre i confini degli uffici aziendali. Per questo il progetto MegSat non ebbe il meritato successo.
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Da Borgo Wührer
Pensati prima nella sede originaria di Gussago e ora nei nuovi uffici di Borgo Wührer i minisatelliti della GP Advanced Projects si chiamano FeeS (Flexible Experimental Embedded Satellite, ma con sonorità bresciana), sono tra i più piccoli sinora mai lanciati in orbita. Con una dimensione di soli 10 x 10 x 3 centimetri e 300 grammi di peso il primo FeeS è stato lanciato con una Soyuz.
Martedì 21 da Cape Canaveral tocca a Fees2 che sarà imbarcato su un Falcon9, il vettore voluto da Elon Musk, quello delle Tesla. L’impresa della brescianissima società fondata nel 2015 dagli ingegneri Guido Parissenti e Primo Attinà prevede la realizzazione di una costellazione privata di satelliti in miniatura denominata PiCo-IoT. Cosa fanno? Inviano dati che a terra servono all’Internet delle cose, a mille funzioni commerciali, utili nell’immediato laddove la Rete funziona poco o male (quindi in una belle fetta d’Italia e nel mondo) ma foriere anche un mercato in fortissima espansione da qui ai prossimi 3/5 anni, con milioni di sensori IoT in grado di utilizzerare queste comunicazioni via satellite. La rete prevede il lancio di un centinaio di Fees.Dalla Camozzi
La brescianissima Camozzi spa (anche se la sede legale è a Milano) vanta ormai un solido rapporto con le imprese spaziali e l’osservazione del cosmo. Aziende del gruppo, infatti, hanno partecipato alle realizzazione della struttura di acciaio di precisione dei telescopi Magellano in fase di realizzaione a Las Campanas in Cile. Poi con la controllata Ingersoll Machine Tools fornirà alla Firefly Aerospace tecnologie operative in grado di mettere in linea la produzione di 24 razzi Alpha l’anno per poi passare alla costruzione automatizzata di un altro lanciatore, il Beta. Ma non è tutto. C’è tecnologia del gruppo Camozzi anche nell’Orion Multi-Purpose Crew Vehicle, la navicella con equipaggio già costruita dalla Nasa e pronta per le missioni del programma Artemis. Non c’è che dire, il presidente Lodovico Camozzi può essere soddisfatto.
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