Brescia e Bergamo città gentili amiche delle persone con demenza

Obiettivo è costruire comunità accoglienti in grado di capire e conoscere, senza pregiudizio, le persone con demenza o Alzheimer
Casa di Industria (foto) è capofila. Partner le Fondazioni Brescia solidale, Casa di Dio e Casa Serena - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Casa di Industria (foto) è capofila. Partner le Fondazioni Brescia solidale, Casa di Dio e Casa Serena - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Sono oltre ventimila in tutta la provincia di Brescia le persone con più di sessantacinque anni che soffrono di disturbi cognitivi. Per dodicimila di queste la diagnosi è Alzheimer. Una malattia che può esordire anche in età giovanile, tant’è ne soffrono oltre cinquecento bresciani che hanno meno di sessant’anni. Nelle Rsa, le residenze sanitarie assistenziali, vive meno del 15% del totale.

Anche da questa analisi di contesto nel 2019 è nato il progetto «Il diritto di essere fragili. Nuove attenzioni alla demenza» su iniziativa di Fondazione Casa di Industria e sostenuto dal Fondo di beneficenza di Banca Intesa Sanpapolo. Basi solide che, in tempo di pandemia, hanno consentito a Casa di Industria e Brescia solidale, con il supporto scientifico dell’Irccs Fatebenefratelli di Brescia «di fare un salto di qualità nell’attività assistenziale e di cura delle persone con demenza».

Un progetto ampio

Basi, anche, che hanno permesso di ampliare gli orizzonti e di mettere in campo un altro progetto, «Città amiche della demenza: Brescia e Bergamo 2023» i cui passaggi sono stati illustrati ieri nella sede di Fondazione Casa di Industria, ente capofila insieme alle Fondazioni Brescia solidale, Casa di Dio e Casa Serena di Brembate, con il sostegno del Comune di Brescia.

Il valore aggiunto del percorso, che si prefigge di trasformare Brescia e Bergamo in «Città gentili, amiche delle persone con demenza» e, per esteso, delle loro famiglie e di chi si prende cura di queste persone al di fuori dei contesti istituzionalizzati, è la presenza di un Comitato scientifico qualificato. «L’obiettivo è costruire consapevolezza per migliorare la qualità di vita delle persone, partendo proprio dalle conoscenza scientifiche che si hanno in materia - ha detto Elisabetta Donati, presidente Fondazione Casa di Industria -. Gli ostacoli sui quali poniamo attenzione sono sostanzialmente due: l’ignoranza nei confronti della malattia e l’esclusione di cui soffrono le persone con decadimento cognitivo».

Per la Capitale della Cultura

Presentato lo scorso anno sullo specifico bando «Capitale della Cultura 2023» emanato congiuntamente dalle Fondazioni Cariplo, della Comunità Bresciana e della Comunità Bergamasca, il progetto - con durata da gennaio a dicembre 2023 - è stato finanziato con trentamila euro, cui se ne aggiungono altri ventimila di risorse proprie dei due territori coinvolti. Fa parte del tema «La cultura come cura» e fa parte del Dossier della «Città illuminata» del Comune di Brescia.

In questi giorni prosegue la formazione di ventidue operatori delle Fondazioni coinvolte i quali, poi, formeranno un’ampia rete di soggetti presenti nelle comunità bresciana e bergamasca che vanno dai Comitato di quartiere alle Forze dell’Ordine, dalle banche ai farmacisti, alle parrocchie, agli amministratori di condominio, alle scuole di ogni ordine e grado, oltre alle persone direttamente coinvolte in ruoli di cura e assistenza quali badanti, operatori delle ambulanze, medici di medicina generale. L’elenco è lungo e comprende figure rappresentative della comunità affinché ciascuno, nei diversi ambiti di competenza, «sia preparato a conoscere e sostenere le persone malate e le famiglie».

Conoscenza e sostegno

Conoscerle e sostenerle per strada, nei luoghi di incontro, sui mezzi di trasporto pubblici. Capire se, e quando, hanno bisogno di aiuto perché sono disorientate. Uscire, soprattutto, dal pregiudizio che una persona, con demenza o Alzheimer, smarrisca la propria identità. Lo hanno ribadito, ieri, gli studiosi che conoscono i malati e la malattia: «Noi sappiamo che ognuno di loro mantiene la propria identità: sta a noi cercarla e farla emergere, senza farsi travolgere dal pregiudizio».

Il progetto è una fiammella che può incendiare un intero bosco sulla strada della consapevolezza. Che è quella di «accettare che le persone cambiano, ma il cambiamento non è impoverimento». Che è «scalfire lo stigma» tra il dentro e il fuori, pensando ad un futuro di Rsa sempre più aperte al territorio. Di nuovo, serve «scalfire il muro manicheo che nasconde lo sguardo di queste persone». La cultura della cura ha un’accezione ampia. Si stanno scrivendo i primi capitoli di un libro ricco di attenzioni, sensibilità, competenze e rispetto della dignità di ciascuno. Anche di chi ha un decadimento cognitivo.

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