Bollette, affitti, cibo: chi la pandemia costringe nel bisogno

L’onda lunga e velenosa del virus si allarga. Affoga famiglie già povere, getta sott’acqua altre che in precedenza riuscivano a nuotare, anche se a fatica. Le difficoltà economiche crescono. Chi ha perso il lavoro, chi già non ce l’aveva, chi ha visto scomparire gli impieghi occasionali (spesso in nero), mentre ci sono da pagare le bollette, l’affitto, il pane e companatico, la mensa dei figli a scuola.
«I numeri di chi si rivolge ai Servizi sociali del Comune di Brescia stanno aumentando», sottolinea Francesca Megni, dirigente dell’assessorato al Welfare guidato da Marco Fenaroli.
Da inizio pandemia si occupa dell’emergenza legata ai bisogni primari. «Abbiamo più richieste di aiuto che durante la fase acuta del Covid. Persone che prima si sono in qualche modo arrangiate adesso non ce la fanno più». Parliamo di centinaia di famiglie. Megni coordina la rete di sostegno nata in Loggia lo scorso dicembre che comprende Assessorato, Caritas, Croce Rossa, Cauto, Maremosso (la dispensa sociale), Cauto. Un’alleanza contro l’emergenza alimentare, nata per valorizzare energie e risorse, mappare la situazione, dialogare con il pianeta della solidarietà spontaneo oppure organizzato che a Brescia consegna pacchi alimentari. Mille. In città distribuiscono cibo una cinquantina fra associazioni, gruppi, parrocchie.
«Una ricchezza immateriale che la pandemia ha messo in movimento, dimostrando la capacità di Brescia di rispondere alla crisi», commenta Megni. Ogni realtà opera secondo modalità diverse: c’è chi porta gli alimenti una volta o più a settimana, chi ogni quindici giorni, chi una volta al mese. I pacchi arrivano dalle donazioni, dalle raccolte nei supermercati, dai banchi alimentari (come Maremosso oppure l’Ottavo giorno). Ciascun gruppo assiste dalle quaranta alle ottanta famiglie (alcuni anche di più). Difficile fare una stima totale dei nuclei aiutati: oltre un migliaio, almeno. Un movimento fisso, ma anche dinamico. Le realtà del volontariato si muovono in maniera autonoma oppure su richiesta dei Servizi sociali. Il Cisom (l’Ordine di Malta), ad esempio, assiste cinquanta nuclei segnalati dal Comune.
Le bollette. Il prolungarsi dell’emergenza legata alla pandemia ha dilatato i confini del bisogno. Dall’osservatorio della cabina di regia e dell’assessorato, si vedono crescere le situazioni di necessità. Sempre più persone chiedono aiuto ai Servizi sociali: per le bollette, l’affitto, le spese primarie. Richieste che «si manifestano più ora che un anno fa», commenta Francesca Megni. I buoni alimentari, pagati dallo Stato e distribuiti dal Comune, erano certamente serviti a tamponare in qualche modo. Adesso la mancanza di lavoro, l’assenza di prospettive per molti, la fine (per chi li aveva) dei pochi risparmi aggrava lo scenario. Che è in continua evoluzione. «Il tavolo creato in Loggia - conclude Megni - ha anche lo scopo di capire cosa accade, leggere i bisogni che stanno avanzando. È anche uno strumento per dialogare con il mondo del terzo settore e lavorare in maniera condivisa». Sapendo che dietro al pacco alimentare consegnato nelle case ci sono condizioni di disagio molto più profonde.
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