Baccaglioni: «Loggia, lavoro più smart e il 60% di assunzioni in 3 anni»

Ha preso servizio il 3 luglio e, nell’arco di un paio di un paio di mesi, ha messo a punto una riorganizzazione plenaria della macchina comunale: dall’architettura dei dirigenti alla struttura dei settori. Proprio per la sua praticità e per il suo approccio aperto all’innovazione, Marco Baccaglioni (classe 1978) è il neodirettore generale che la sindaca Laura Castelletti ha voluto al suo fianco per riuscire a declinare con più incisività gli indirizzi chiave del suo mandato: innovazione (appunto), transizione ecologica, interdisciplinarità e attenzione alle nuove generazioni e, quindi, alle esigenze emergenti.
Direttore, che Comune ha trovato al suo arrivo?
C’è una prima linea di altissimo valore: questo è un vantaggio che può diventare però anche uno svantaggio, perché di fronte a una linea innovativa, anche sul fronte dell’organizzazione, le abitudini possono creare qualche problema. Anche se finora non posso che fare plausi.
Si apre una fase di grandi assunzioni nel capoluogo...
Nel giro di due-tre anni avremo un cambio importante sia dei dirigenti sia del personale e questo, dal punto di vista umano e organizzativo, rappresenterà un ricambio generazionale molto importante. Parliamo all’incirca del 60 per cento dei dipendenti, sia nei ruoli di dirigenza sia tra i semplici dipendenti.
Il Comune è ancora un posto di lavoro attrattivo e competitivo per chi cerca lavoro?
Mi piacerebbe dire di sì, ma non è così e proprio per questo bisogna trovare una modalità per renderlo attrattivo per i giovani. È chiaro che per fare questo, non si può avere l’approccio del passato. Per attirare nuove leve e giovani bisogna spingere il pubblico a creare delle esperienze all’interno dell’ente, a partire dalla formazione.
Come si declina in pratica questo?
Abbiamo creato un servizio dedicato alla formazione che avrà un piano coordinato tra tutte le aree, esattamente come la transizione digitale dell’ente: non è solo una questione tecnologica, ma una re-ingegnerizzazione dei processi e deve essere trasversale. Non possiamo più non considerare il bilanciamento casa-lavoro: nel mio passato ho incontrato persone che mi erano disponibili a essere pagate il 20 per cento in meno, lavorando ad esempio dalla Puglia.
Ed è una strada praticabile per un ente pubblico?
Alcune mansioni non sono adatte al lavoro agile e allo smart working ma altre, sempre con un controllo per progetti e per obiettivi, assolutamente sì.
Ha parlato di bilanciamento dei tempi: questo vale anche per i servizi ai cittadini alle prese con la burocrazia...
I Comuni possono fare qualcosa ma non tutto. La transizione digitale può aiutare a ridurre i tempi, ma non possiamo pensare di digitalizzare la carta, quindi bisogna proprio ripensare i processi. È complicato, ma è un salto che va fatto: il primo passo è fornire delle informazioni puntuali, a partire dal comunicare al cittadino a che punto sia la sua pratica. Se noi rendiamo digitali alcuni processi mettiamo a disposizione informazioni preziose 24 ore su 24, aiutando i cittadini a usufruire dei servizi del Comune insegnando loro a utilizzare le nuove tecnologie, senza per questo chiudere gli sportelli ovviamente. Questo è un nostro obiettivo: sceglieremo un progetto pilota.
Al suo arrivo è nata anche un’area di Transizione ecologica: di cosa si occupa?
L’obiettivo è cercare di applicare determinate politiche che sono nel potere del Comune: la qualità dell’aria, l’economia circolare, ridurre l’impatto della Co2 attraverso la mobilità, andare verso la raccolta differenziata porta a porta. Ma è chiaro che ci vorrà un patto pubblico-privato sul fronte della transizione ecologica. Stiamo iniziando a implementare dei sistemi di welfare integrativo, ad esempio. Un ente importante come Brescia deve iniziare a pensare anche a un bilancio di sostenibilità.
Il grande problema che le Amministrazioni si trovano ad affrontare è la caccia ai fondi: come fare?
La sostenibilità economica è centrale. All’interno della direzione generale è stato creato un settore specifico, che è l’unico inglesismo che ci siamo concessi (ride): si chiama program management e che deve monitorare tutti i bandi e i finanziamenti pubblici disponibili a livello regionale, nazionale e soprattutto europeo. Una città come Brescia non può permettersi di non lanciare uno sguardo all’Europa.
Cambierà quindi anche la comunicazione?
Sì, verrà centralizzata. Ci sarà un ufficio che non farà solo comunicazione istituzionale, ma anche direttamente verso i cittadini, come fanno le aziende: loro vendono un prodotto, il nostro «prodotto» sono i servizi. Questa struttura centrale gestirà e coordinerà anche la comunicazione di raccordo delle società controllate. Il tram sarà l’occasione per istituire questa cabina di regia.
Un’altra novità sarà il rapporto con le Università: cosa cambia?
Le due Università devono essere interlocutori costanti, perché su molti temi anche tecnici sono assolutamente complementari tra loro. E questo rapporto non lo penso solo a livello di ricerca: c’è già stata un’interlocuzione con la sindaca e il rettore è molto aperto a questo approccio.
Come immagina il Comune tra cinque anni?
Senza dimenticare le radici, mi aspetto tra cinque anni di avere un Comune che ha fatto grandi passi verso l’innovazione.
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