All’estero già 58mila bresciani: nel 2021 secondi dopo Milano

È di queste ore la notizia che chi vuole tornare nel nostro Paese, a causa della pandemia, è costretto ad ulteriori restrizioni. Alla vigilia di una delle festività più importanti dell’Occidente cristiano, molti dei sessantamila emigrati dalla nostra provincia sui cinque milioni e mezzo di italiani residenti all’estero, avrebbero voglia di tornare. Anche per loro - come per chi vive qui ed è immigrato a Paesi lontanti - la pandemia ha caricato i desideri legittimi di sofferenze, sfide, ma anche l’ingresso nel nostro Paese, a causa sua, è costellato di sofferenze, sfide ed opportunità.
I nuovi orizzonti confermano la tendenza «verso un noi sempre più grande» che è quella dell’immigrazione, e dell’emigrazione, nel panorama sempre più ampio della mobilità umana. Il quadro: nel 2021 sono 57.956 (53.463 nel 2020) le persone provenienti dalla provincia di Brescia iscritte all’Aire, l’anagrafe italiana residenti all’estero. Le donne sono il 47,1%. Ancora, il 47% ha un’età compresa tra zero e 34 anni. Dati che pongono la nostra provincia al secondo posto (prima è Bergamo) per numero di persone iscritte all’anagrafe degli italiani all’estero.
Anche il Comune di Brescia si pone in alto nella graduatoria dei primi 25 comuni iscritti di Regione Lombardia. Siamo terzi, con 9.922 persone (9.091 nel 2020) che vivono all’estero, con un’incidenza del 5,1% rispetto al totale della popolazione. Tra i Comuni italiani con più di centomila abitanti a livello nazionale, Brescia si colloca al 28esimo posto. Le persone di cui stiamo parlando sono iscritte per nascita. La mobilità dei bresciani con la pandemia, infatti, non si è arrestata, ma ha sicuramente subito un ridimensionamento che non riguarda, appunto, le nuove nascite all’estero dei cittadini bresciani, piuttosto le vere e proprie partenze che hanno subito una variazione del 20% rispetto all’anno precedente.
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Nell’ultimo anno, dopo Milano, la provincia dalla quale sono partite più persone è Brescia. I dati sono pubblicati negli allegati sociostatistici del XVI Rapporto italiani nel mondo - Speciale Covid-19 presentato ieri online dall’Ufficio per i Migranti della Diocesi di Brescia.
«Considerando i diversi mesi di lockdown e le molteplici situazioni vissute a livello nazionale, europeo e internazionale, è stato praticamente impossibile spostarsi per molte persone e questo ha inciso fortemente sui dati relativi all’andamento migratorio italiano, sia interno sia verso l’esterno - ha detto Delfina Licata di Fondazione Migrantes durante la presentazione del Rapporto da lei curato-. L’Italia, in sintesi, è oggi uno Stato in cui la popolazione autoctona tramonta inesorabilmente e quella immigrata, complice la crisi economica, la pandemia, i divari territoriali e l’impossibilità di entrare legalmente, non cresce più. A quanto detto - ha aggiunto - occorre aggiungere un altro paradosso, ovvero che l’unica Italia a crescere è quella che mette radici (e residenza) fuori dai confini nazionali in modo ufficiale - e quindi iscrivendosi all’Aire - o in modo ufficioso, non ottemperando cioè all’obbligo di iscrizione anagrafica».
Tra coloro che hanno lasciato Brescia e il nostro territorio ci sono i naturalizzati italiane, i «nuovi italiani». «Persone che di nuovo non hanno nulla perché non sono nè una realtà recente nè appena conosciuta - ha detto Licata -. La cittadinanza non è più solo un fatto dato, una condizione che si fonda su elementi certi e immodificabili - lingua, usi e costumi, tradizioni ed un territorio dai confini ben delineati - ma diventa un processo non istituito dall’alto, non indotto dall’estero, ma acquisito giorno dopo giorno, attraverso ciò che si fa e si incontra. Questo vale per qualsiasi persona nata in un luogo o che risiede in un posto diverso da quello in cui è nata». La mobilità, dunque, intesa non come violazione di confini (quindi da combattere) ma come contaminazione (quindi da esaltare e inseguire come valore).
Dove vivono i bresciani all’estero? Al primo posto, come nazione di residenza, troviamo la vicina Svizzera, terra di importante emigrazione legata soprattutto a ragioni di lavoro. Al secondo - con fasce di età più giovani - si colloca il Regno Unito. Ha osservato Delfina Licata, curatrice del Rapporto: «Questo malgrado la pandemia abbia incentivato il rientro di lavoratori autonomi, ricercatori e persone prive di un’occupazione. In tantissimi hanno perso il lavoro e l’unica strada percorribile era rientrare a casa». Al terzo posto troviamo l’Argentina, seguita dal Brasile. In quarta posizione la Francia e in quinta la Germania.
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