Al Pnrr andrebbe aggiunta un'altra «R»

«Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: perché l’Italia non sa spendere i fondi europei», «Pnrr, istruzioni per l’uso: ecco le regole per spendere le risorse a disposizione»... Questi alcuni dei titoli che da mesi ricorrono su giornali e siti web su quello che è il filone italiano del Next Generation Eu, e che vale per il nostro Paese 191,5 miliardi di euro, 69 dei quali in sovvenzioni, il resto a titolo di prestito, e quindi da restituire.
Ma ai titoli, negli ultimi tempi, si uniscono le dichiarazioni di chi ha in mano la gestione del Pnrr, e con una costante: l’utilizzo del termine «spendere» che, nel linguaggio dell’economia spiccia e familiare, ha un’accezione di solito negativa, che si accoppia con lo «spandere». E la connotazione negativa il termine ce l’ha se si parla di un piano di investimenti che dovrebbe cambiare il volto dell’Italia, dalla Pubblica Amministrazione alle Infrastrutture, dall’istruzione, all’economia alla cultura, senza dimenticare sostenibilità e transizione ecologica. Un piano strategico di investimenti che, indipendentemente dai suoi esiti, dovrà essere ripagato da chi oggi le scelte non le sta facendo e non le può fare, ma che potrebbe finire soltanto per subirle.
Aggiungiamo una R in più alla sigla PnrrR: che diventi un Piano di Ripresa e Resilienza e…Responsabilità.
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