Accoglienza, servono posti per i profughi afghani a Brescia

Dove vivono i e cosa ne sarà dei profughi afghani arrivati in Italia, e a Brescia, trasportati da Kabul in fretta e furia da un ponte aereo dell’aeronautica militare dopo che Stati Uniti ed alleati hanno lasciato il loro Paese?
Dopo la metà di agosto, nei giorni caldi dell’emergenza e non solo, il governo italiano aveva garantito agli Enti locali che avrebbe ampliato la disponibilità nel Sistema di accoglienza ed integrazione. In concreto, avrebbe finanziato ulteriori progetti mirati a dare un futuro più accettabile alle famiglie afghane. Una necessità, quella dell’ampliamento, dal momento che nel Bresciano i posti attualmente a disposizione sono 410, per dodici progetti che coinvolgono una trentina di comuni. E sono al completo. Ne servono altri, almeno una trentina di alloggi, per ospitare le 110 persone destinate alla nostra provincia, novanta delle quali già qui ed alloggiate «temporaneamente» nei Centri di accoglienza straordinaria.
La lettera
L’appello ai Comuni affinché si impegnassero a reperire altri alloggi ha avuto risposte concrete. A mancare, ora, è la risposta del governo. Serve che alle dichiarazioni iniziali segua la concretezza delle azioni ed è per questo che ieri il Coordinamento provinciale progetti Sprar della Provincia di Brescia - che raggruppa gli enti locali titolari dei progetti e gli enti che li attuano - ha inviato una lettera-appello al presidente del Consiglio Mario Draghi e alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese. Chiedono che «venga approvato urgentemente il decreto di ampliamento della rete Sai (sistema di accoglienza ed integrazione) affinché non venga vanificato il lavoro svolto sul territorio per garantire adeguata accoglienza alle persone arrivate dall’Afghanistan ed evitare che, ancora una volta, l’accoglienza venga gestita in modo emergenziale».
Il timore è fondato perché, malgrado la riforma della ministra Lamorgese con la quale è stato reintrodotto il Sai in sostituzione del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale per minori non accompagnati istituito con il Decreto sicurezza nel 2018 (noto come decreto Salvini), il trasferimento dai Centri di accoglienza straordinaria, nei quali la permanenza dovrebbe durare al massimo due mesi, ad un’accoglienza più orientata all’integrazione (quella dei Sai) è tutt’altro che automatico. La straordinarietà è spesso la regola, proprio per mancanza di posti in realtà in cui si punta all’integrazione nella comunità locale da realizzarsi attraverso attività di inclusione sociale, scolastica, lavorativa e culturale.
Cosa si sta facendo nel Bresciano
Dopo la primissima fase emergenziale, il Coordinamento bresciano ha avviato «una stretta interlocuzione con la Prefettura di Brescia per definire le possibili azioni. Tra gli Enti titolari di Sai sono state raccolte le disponibilità sia alla conversione di posti già finanziati per il passaggio da uomini a singole famiglie, sia per possibili ampliamenti». Ancora: «Le segnalazioni di disponibilità, soprattutto da privati, sono state numerose e utili ed il lavoro di raccolta e valutazione dell’adeguatezza delle proposte, che sta richiedendo tantissimo tempo, ha portato all’individuazione di diverse possibili soluzioni abitative che però necessitano di avere indicazioni chiare in merito alla possibilità e ai tempi di avvio dei contratti di locazione». Servono indicazioni chiare, dunque, per andare oltre un’emergenza abitativa che si aggiunge alla precarietà di vita di chi ha dovuto lasciare l’Afghanistan in condizioni drammatiche, aggravandone ulteriormente le condizioni.
Conclude la lettera scritta dal Coordinamento: «Affinché non si voglia proseguire nella gestione emergenziale dell’accoglienza riteniamo pertanto indispensabile che il decreto di ampliamento della rete Sai venga approvato rapidamente. Pienamente convinti che l’esperienza nella gestione dell’accoglienza dei richiedenti e/o titolari protezione nei progetti Sai abbia rappresentato e tuttora rappresenti una garanzia di una concreta gestione del fenomeno dell’accoglienza ed un’opportunità di sviluppo culturale, economico e di integrazione per le nostre comunità, confidiamo che l'ampliamento della rete sia adeguato alle necessità non solo contingenti e sia strutturale».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
