Abuso d’ufficio, reato senza futuro: a Brescia 33 fascicoli su 21mila inchieste

A giudicare dai numeri, dovesse davvero essere abolito, non sarà una grande perdita. Nell’ultimo anno solare dei 21mila nuovi procedimenti iscritti in procura, quelli per il reato di abuso d’ufficio sono stati in tutto 33. Rispetto alla smisurata platea di indagati, sono solo una trentina i pubblici ufficiali (o gli incaricati di pubblico servizio) accusati di essersi procurati un ingiusto vantaggio patrimoniale, o di aver procurato ad altri un danno ingiusto, nello svolgimento delle loro funzioni.
Per la difficoltà di trovare elementi di prova in grado di dimostrare l’ipotesi d’accusa o anche solo e semplicemente perché l’atto sotto la lente rientrava nel potere discrezionale dell’indagato, con tutta probabilità saranno molti meno coloro che approderanno all’udienza preliminare o addirittura a sentenza. Dei modelli 21 riguardanti notizie di reato a carico di noti aperti negli ultimi tre anni, assicurano fonti di palazzo, la stragrande maggioranza sono stati oggetto di una richiesta di archiviazione della stessa procura. Dei pochi superstiti, diversi hanno incassato proscioglimenti o assoluzioni.
La riforma 2020
L’abolizione del reato prevista dalla riforma che porta la firma del ministro della Giustizia Carlo Nordio, sempre che superi il vaglio del Parlamento che deve ancora pronunciarsi, ben difficilmente si tradurrà in un colpo di spugna. Una ridimensionata alla fattispecie prevista dall’articolo 323 del codice penale del resto era già stata assestata dalla «riforma» di tre anni fa. Con il «decreto semplificazioni» del 2020 fu piantata una serie di paletti che ha reso decisamente più angusto il campo di applicazione della norma.
Perché sia integrato il reato di abuso d’ufficio, da tre anni a questa parte, è necessaria la violazione di comportamenti previsti dalla legge, non basta l’inosservanza di quelli imposti da regolamenti. È necessaria anche la trasgressione di espresse regole di condotta, mentre quella di principi generali non configura il reato. Ma soprattutto è stabilito che per essere l’abuso d’ufficio penalmente rilevante la regola di condotta che si assume violata non deve presentare margini di discrezionalità: se il pubblico ufficiale può scegliere come comportarsi, non può essere condannato.
Crollo dei fascicoli
La riforma del 2020 ha avuto come effetto il crollo delle iscrizioni. È stato un vero e proprio deterrente. Le procure hanno evitato di coltivare tutte quelle ipotesi investigative che, a causa del restringimento dei margini di manovra, erano connotate da un’alta probabilità di insuccesso. Ecco alcuni dati. Tra luglio 2018 e giugno 2019, quindi prima della «riformetta» i fascicoli aperti in procura a Brescia per abuso d’ufficio erano 148, il quintuplo rispetto ad oggi, mentre tra luglio 2017 e giugno 2018 erano 168.
La revisione imposta dal decreto semplificazioni del 2020 ha costretto anche le procure a rimodulare l’impegno in materia. Il rischio di perdere tempo in inchieste lunghe, faticose e destinate a concludersi con proscioglimenti ed assoluzioni - ipotesi tutt’altro che infrequente nelle aule del tribunale di Brescia negli ultimi tre anni - ha fatto sì che la materia sia diventata davvero residuale.
L’ipotesi che l’abuso d’ufficio venga spazzato via dalla riforma Nordio e che da domani gli sforzi possano essere concentrati su altri reati, anche tra quelli a portata di mano di pubblico ufficiale, non turbare le notti degli inquirenti.
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