A che punto siamo a Brescia con i test rapidi per il Covid

L’annuncio del loro arrivo è stato dato tra gli ultimi giorni di ottobre e i primi di novembre, dal governatore Fontana prima e dal commissario Arcuri poi. Il direttore di Ats Brescia, Claudio Sileo, conferma: i test antigenici rapidi per la diagnosi del Covid-19 ci sono.
Nel dettaglio, «18mila stanno arrivando dal commissario, mentre 60mila sono stati acquistati da Ats tramite Aria», l’azienda regionale per l’innovazione e gli acquisti.
Cosa sonoA differenza dei tamponi molecolari, che richiedono una formazione specifica per l’esecuzione e un passaggio in laboratorio per l’analisi, con relativi tempi di attesa, i test rapidi sono in grado di dare un risultato di tipo qualitativo (positivo o negativo) in circa 30 minuti.
Si è molto dibattuto circa l’affidabilità di questi test, che ricercano gli antigeni, ossia le proteine superficiali del virus, e non il genoma virale, come accade invece con il test molecolare.
Il test rapido, dunque, è meno affidabile del tampone, a cui bisogna comunque ricorrere per confermare un risultato rapido positivo. Così come - stabiliscono le linee guida ministeriali e della Lombardia - è preferibile sottoporsi al tampone per conferma anche nel caso in cui il test rapido sia negativo, ma il quadro dei sintomi lasci ipotizzare un contagio da coronavirus.
Perché usarli
Perché allora ricorrere ai test rapidi? Perché, appunto, sono rapidi nel dare il loro risultato. Secondo l’ultima nota tecnica aggiornata dal Ministero della Salute il 23 ottobre scorso, è necessario scegliere il tipo di test da effettuare affinché «l’attività di sorveglianza sia sostenibile».
Il test rapido, insomma, è indicato per screening di comunità, per chi proviene da Paesi a rischio Covid, ma anche per i contatti stretti di un caso positivo (purché non vivano con soggetti fragili, in quel caso meglio il tampone) o per chi ha sintomi leggeri compatibili con il Sars-CoV-2 ma non ha avuto contatti con persone positive.
Chi li esegue?
Nonostante i test molecolari siano quelli di riferimento per sensibilità e specificità, dunque, i tamponi rapidi sono utili per prevenire o arginare nuovi focolai soprattutto in comunità chiuse. Per questo la delibera di Regione Lombardia del 3 novembre scorso indica come luoghi di utilizzo privilegiati le scuole, le Rsa e le Rsd, le strutture sociosanitarie, gli istituti penitenziari. I test rapidi potranno essere eseguiti anche dalle Usca, oppure dai medici di famiglia o dai pediatri.
Il 27 ottobre scorso l’accordo collettivo nazionale è stato integrato con la retribuzione aggiuntiva tra i 12 e i 18 euro per l’esecuzione del test. Lo ha però sottoscritto solo Fimmg (che non rappresenta la totalità dei medici) e anche all’interno del sindacato non sono mancate spaccature sull’opportunità di eseguire i test.
Il parere dei medici
«Al di là dell’adesione - spiega il segretario provinciale della Federazione dei medici di famiglia(Fimmg), Angelo Rossi - il vero problema è di tipo organizzativo, di dove e come fare i test. Molti medici hanno studi in condomini e non sempre è possibile garantire le corrette distanze e il lavoro in sicurezza». «La soluzione - prosegue Rossi - potrebbe essere l’individuazione di strutture ad hoc coi comuni, o l’allestimento di presidi operativi o tende come quella che abbiamo visto al Civile, in cui poter effettuare i test».
In Lombardia «abbiamo a disposizione 3,6 milioni di test rapidi fino al 31 dicembre - ha spiegato nelle scorse ore l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera -. Finora abbiamo ottenuto una disponibilità di 1.812 medici di base su 7.322. Di questi, 1.096 hanno dato la disponibilità a eseguirlo nel loro studio».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
