A Brescia non ci sono abbastanza operatori per il contact tracing

Il governo in primavera aveva fissato la soglia minima a 1 ogni 10mila abitanti. Il direttore di Ats: «Non c'è sufficiente personale formato»
Una persona sottoposta a tampone - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Una persona sottoposta a tampone - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Il sistema di tracciamento dei casi Covid positivi è in grossa difficoltà. Con la crescita del numero di contagi si moltiplica infatti anche il numero dei contatti stretti che devono essere identificati per l’isolamento fiduciario al fine di interrompere la catena del contagio.

L’app Immuni, nelle intenzioni del governo, avrebbe dovuto (e voluto) essere uno strumento importante per il contact tracing, ma sappiamo che i suoi problemi sono stati molteplici e che l’indagine epidemiologica svolta dagli operatori sanitari è indispensabile per la lotta alla diffusione del contagio.

Fondamentale è la ricostruzione della catena dei contatti che una persona positiva al Covid ha avuto. Per questo, in primavera, il governo aveva indicato una soglia minima di tracciatori, uno ogni 10mila abitanti. Un numero comunque non sufficiente se pensiamo agli oltre 20mila casi positivi a livello nazionale registrati solo ieri che generano un numero di contatti stretti da rintracciare, registrare e monitorare almeno cinque volte più grande. Per la provincia di Brescia, che conta circa 1,2 milioni di abitanti, gli operatori sanitati dedicati al contact tracing dovrebbero essere almeno 120.

 

Tamponi drive-through al centro via Morelli creato grazie ad aiutiAMObrescia - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Tamponi drive-through al centro via Morelli creato grazie ad aiutiAMObrescia - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it

 

Stando a questi numeri, Ats Brescia - che copre tutta la provincia ad eccezione della Valcamonica e del Sebino - avrebbe dovuto aumentare il numero di tracciatori di 47 unità. Aumentare perché una figura dedicata alla sorveglianza epidemiologica delle malattie infettive già esiste, e in tempo pre-Covid si dedicava a casi come il morbillo.

Tuttavia, come ha spiegato il direttore di Ats Brescia, Claudio Sileo, «non arriveremo ad assumere tutte le 47 persone previste». Non per mancanza di volontà, ma perché «non esiste sufficiente personale adeguatamente formato». La task force del contact tracing si basa su medici igienisti, assistenti sanitari e personale amministrativo. Ad Ats Brescia, per raggiungere i numeri ottimali indicati dal governo, servirebbero 6 medici igienisti, 33 assistenti sanitari e 8 amministrativi. 47 operatori appunto.

Nei mesi scorsi i bandi aperti da Ats hanno consentito di assumere 3 medici, 20 assistenti sanitari e tutto il personale amministrativo necessario. All’appello mancano dunque 16 operatori. «Siamo messi meglio di altra realtà - spiega Sileo - perché abbiamo la fortuna di avere in città il corso di laurea in assistenza sanitaria e speriamo di poter assumere chi si laureerà nelle prossime settimane. Tra poco, poi, apriremo un concorso per un contratto a tempo indeterminato per l’assunzione di un medico igienista, che speriamo ci consenta di coprire la posizione».

I nuovi ingressi si sommano ai 28 operatori che da prima dell’arrivo del Covid si occupano di sorveglianza sanitaria. Ogni giorno, dunque, oltre cinquanta persone lavorano al contact tracing nel territorio di competenza di Ats Brescia. Il numero, se si considera che la scorsa settimana nel Bresciano si sono registrati in media 400 nuovi casi al giorno, non è sufficiente.

In base all’età, al tipo di occupazione e allo stile di vita, una persona positiva può avere tre, sette, dieci anche venti persone considerate contatti stretti. E di conseguenza 400 positivi possono generare circa tremila contatti stretti ogni giorno. I tracciatori non possono contattarli tutti nell’arco di 24 ore.

Così può succedere che, nel caso di un alunno positivo, la famiglia venga ufficialmente informata da Ats dell’isolamento del figlio a giorni di distanza dall’ultimo contatto col compagno positivo.

 

Il ritorno in classe per il primo giorno di scuola - Foto Neg © www.giornaledibrescia.it
Il ritorno in classe per il primo giorno di scuola - Foto Neg © www.giornaledibrescia.it

 

È il caso, per esempio, accaduto in un asilo nido privato della città. Giovedì mattina le famiglie sono state informate dalla struttura della chiusura della «bolla» per via di un caso positivo. L’ultimo contatto risaliva a lunedì 26 ottobre, ma la comunicazione ufficiale di Ats è arrivata solo domenica 1 novembre, a metà dell’isolamento che - tenuto conto dei 14 giorni - scade domenica 8.

«La scuola è la realtà più tutelata - spiega comunque il direttore Sileo -, perché nel momento in cui un istituto ci segnala un caso di positività riceve in automatico una risposta di presa in carico da parte nostra, che gli consente di chiudere la classe mandando gli alunni in isolamento».

I numeri aggiornati a ieri, dicono che nel territorio di competenza di Ats Brescia sono 397 i casi di positività a scuola riscontrati dal rientro a settembre, per un totale di 351 classi in isolamento in 218 istituti di città e provincia. Dal 12 settembre 4.420 alunni e 180 tra docenti e personale scolastico sono finiti in isolamento.

Tornando al contact tracing, le segnalazioni che arrivano ad Ats seguono tre canali: le scuole, con la possibilità di autopresentarsi nelle postazioni per i tamponi drive-throuht; le Asst che eseguono i tamponi sul territorio; il flusso regionale. Ogni segnalazione è accompagnata da informazioni come età e occupazione, che consentono ad Ats di stilare un sorta di lista di priorità dei positivi da contattare. L’obietto resta quello di sorvegliare da vicino tutti i casi che potrebbero generare focolai.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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