A Brescia in 15 anni i locali da ballo si sono dimezzati

C’era una volta una discoteca che apriva 4-5 volte a settimana e faceva ballare anche 15mila persone a sera. Era il Genux di Lonato. Ora «nemmeno tutti i locali di città e provincia riescono, insieme, a registrare 15mila ingressi in un giorno soltanto - commenta Domenico Zucchi, presidente del sindacato locali da ballo (Silb) e gestore del Plaza di Roè Volciano -. I tempi sono cambiati».
Le sale da ballo si sono più che dimezzate (secondo il Silb erano 53 nel 2008 e sono 20 adesso, alcune tra l’altro stagionali o aperte solo per specifici eventi) e «la fascia d’utenti tra i 30 e i 50-55 anni è piano piano scomparsa - fa notare Zucchi -. Sono rimasti i giovanissimi e i pensionati che amano i balli di coppia». Dove è finita? «Molti hanno famiglia e quindi altre priorità: dispongono di meno risorse e meno tempo per il divertimento che proponiamo noi», è la risposta del presidente.
Antonio Gregori, amministratore delegato di Circus, Molo (estivo) e River di Soncino, aggiunge che «nella filiera del divertimento è entrato altro e le sale da ballo non sono più preminenti. Ci sono, infatti, tanti bar e ristoranti con dj in cui non si paga l’ingresso: molti tra i 30 e i 55 anni sono qui». Il riferimento è alle realtà, tra le quali ci sono pure i circoli privati, che non rientrando nella categoria dei locali da ballo devono sottostare a una mole inferiore di regole.
La galassia
Il settore, del resto, è complesso: ci sono le discoteche che possono accogliere anche 800 persone, le sale con licenza di pubblico spettacolo che hanno una capienza minima di 200 persone e una galassia di altre realtà che hanno trovato formule diverse (sono ad esempio associazioni culturali, circoli privati...) per portare avanti la loro attività nell’universo dell’intrattenimento.
La legge regionale avente come prima firmataria e promulgatrice la consigliera bresciana Claudia Carzeri mira a «salvaguardare le attività serie - spiega lei stessa -, che fanno impresa, pagano i contributi e non continuano a chiudere e riaprire». Attività che nel Bresciano hanno un giro di 2.500 addetti ai lavori. Lo fa, ad esempio, erogando dei fondi a copertura delle spese sostenute in materia di «sicurezza e riqualificazione degli ambienti - spiega la consigliera - nell’ottica di promuovere una cultura del divertimento consapevole, specialmente tra i giovani».
Il riferimento è ai 250mila euro appena stanziati a 14 imprese lombarde delle quali sette sono bresciane. Per Zucchi si tratta di un aiuto importante e soprattutto del «riconoscimento della serietà di vere e proprie aziende che danno occupazione, ergano servizi di qualità e rappresentano un volano per l’indotto turistico regionale».
Con il Silb da sempre il gestore del Plaza si batte contro «i circoli privati, che di privato non hanno nulla: aprono in quelle che prima erano delle discoteche, hanno la stessa programmazione, ma non pagano l’Iva, non dispongono di dipendenti bensì di collaboratori quindi non versano i contributi e hanno un sacco di agevolazioni fiscali ed amministrative, le stesse delle associazioni culturali. Il cliente non percepisce le differenze e raramente gli organi di controllo hanno le risorse per vigilare e contrastare questa concorrenza sleale: il mercato ne esce impoverito».
Zucchi ha ben impressi nella mente i tempi della febbre del sabato sera: «Negli anni Novanta c’erano quasi 60 locali in cui era possibile andare a ballare ed alcuni avevano dimensioni ragguardevoli. Aprire un’attività allora non era facile: tutti gli imprenditori dovevano superare l’esame oneroso e difficile della commissione provinciale di Pubblico Spettacolo. Ora per un locale fino alle 200 persone di capienza basta l’autocertificazione di un tecnico abilitato. Ma nonostante questa liberalizzazione c’è chi sceglie di essere un circolo privato».
I riconoscimenti
La legge «Carzeri», sempre nell’ottica di premiare le realtà che lavorano bene e con continuità, consentirà alla Regione di riconoscere le imprese da ballo «storiche»: nel 2024 verrà pubblicato l’elenco dei locali che hanno le caratteristiche (attività continuativa da almeno 25 anni e capienza minima di 200 persone) per essere premiati dopo averne fatto richiesta.
«Il riconoscimento della storicità è fondamentale per due motivi - spiega la consigliera -: il primo è che questi luoghi sono la nostra memoria, rappresentano l’identità di un territorio; il secondo è che l’attestato, visto che viene assegnato dopo 25 anni di attività continuativa, è la dimostrazione che quell’impresa lavora bene, con attenzione verso i clienti e la comunità nella quale è inserita».
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