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Omicidio Desirée Piovanelli, ora spunta un cartello di accuse

Sotto il nome di un residente c’è la scritta «arrestato, è il mandante del rapimento». Indaga la Squadra Mobile
Un primo piano di Desirée Piovanelli, uccisa a Leno il 28 settembre 2002 © www.giornaledibrescia.it
Un primo piano di Desirée Piovanelli, uccisa a Leno il 28 settembre 2002 © www.giornaledibrescia.it
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Il clima si scalda e non è l'estate. Ad incendiare ed invelenire il clima è un cartello che rimanda ad una vicenda che da quasi 17 anni aleggia come un fantasma in un intero paese. Leno, segnato per sempre dal delitto alla Cascina Ermengarda.

Cold case. Nonostante la giustizia abbia già scritto la parola fine con quattro condanne definitive per l’omicidio di Desirée Piovanelli, da un anno a questa parte il caso della ragazza uccisa a 14 anni dal branco è tornato prepotentemente in primo piano dopo l’esposto del padre della giovane vittima che ha chiesto nuove indagini perché convinto che dietro l’omicidio efferato della figlia ci sia un giro di pedofilia. Poche ore dopo l’interrogatorio dell’unico adulto del gruppo che uccise nel settembre del 2002, quel Giovanni Erra, sentito giovedì in Procura a Brescia, a Leno ieri sono comparsi dei cartelli anonimi.

Dito puntato. Sotto il nome di un residente c’è la scritta «arrestato, è il mandante del rapimento di Desiree Piovanelli». Il nome indicato non è uno a caso, è quello dell’imprenditore che anche lui, dopo papà Piovanelli, ha fornito indicazioni e sopratutto nomi di chi può aver fatto parte di gruppi che nei primi anni Duemila a Leno avrebbe organizzato festini a luci rosse con ragazzine minorenni alle quali veniva data droga in cambio di sesso.

La domanda. Chi ha affisso i cartelli trovati sulle bacheche pubbliche di Leno e in diverse zone del paese? La questura indaga con la Squadra Mobile già impegnata a riavvolgere il nastro delle indagini svolte 17 anni fa, per capire se effettivamente alla verità processuale manchi ancora un tassello. «Io ho fatto nomi, ho detto tutto quello che so e chi ha scritto quei cartelli forse adesso ha paura e tenta di incolpare me e di screditarmi» è il commento dell’imprenditore sentito in Procura anche lo scorso 10 giugno. Secondo episodio. Si tratta del secondo episodio dai contorni inquietanti e misteriosi registrati a Leno in ultimi mesi e collegati al caso Desiree.

A febbraio Maurizio Piovanelli, il padre della 14enne, aveva infatti trovato appeso sul cancello di casa un fantoccio con un teschio. Proprio pochi giorni dopo essere stato sentito dal sostituto procuratore Barbara Benzi, titolare dell’inchiesta bis aperta con l’ipotesi di reato di omicidio volontario e ancora senza indagati. I cartelli, rimossi dopo l’intervento della Polizia, contengono una particolarità per quanto riguarda due termini utilizzati. «Rapimento» e «mandante», termini che mai prima dell’esposto della famiglia Piovanelli, erano stati utilizzati. Perché mai è stato cercato un mandante e mai si è pensato ad un rapimento, come invece pensa il padre di Desiree, ma sempre e solo di un omicidio avvenuto dopo il rifiuto della vittima ad un rapporto sessuale.

Chi ha affisso quei cartelli sa qualcosa? La nuova indagine si arricchisce di un nuovo capitolo.

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