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Un fantoccio impiccato davanti casa di Desirèe, parla il padre

«Non ho paura, voglio sapere». Sono le parole del papà, Maurizio Piovanelli, dopo la presunta intimidazione
QUEL FANTOCCIO APPESO
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Un fantoccio con un teschio impiccato alla cancellata di casa. È quanto trovato fuori dall'abitazione della famiglia di Desiree Piovanelli, la 14enne uccisa a Leno, nel Bresciano nel 2002. L'episodio è di alcune settimane fa ma lo si è saputo solo ieri. Il padre di Desiree ha sporto denuncia ai carabinieri e la Procura di Brescia ha aperto un'inchiesta ritenendolo un messaggio intimidatorio.

Il ritrovamento avviene in un momento in cui il padre di Desiree ha chiesto a gran voce di indagare nuovamente sulla morte della figlia convinto che ci sia un mandante e l'ombra della pedofilia. Proprio Maurizio Piovanelli era stato ascoltato in Procura qualche giorno prima di trovarsi sul cancello di casa il teschio. 

Per il delitto di Desiree Piovanelli sono stati condannati tre minori all'epoca dei fatti, che hanno scontato la pena, e Giovanni Erra, unico adulto del gruppo che ora dal carcere chiede la revisione del processo.

Il papà di Desirèe intanto sta combattendo una battaglia personale per ottenere quella che definisce «la verità completa». Lui ha trovato sul cancellino di casa un fantoccio ed un teschio che hanno il macabro sapore dell’intimidazione, ma, dice, «io non ho paura». Non vuole averne. Da 17 anni la sua unica ragione di vita è diventata quella di scoprire tutto quello che ancora non è stato chiarito - se qualcosa effettivamente manca ancora all’appello - sulla morte della sua bambina.

Che cosa ha provato quando ha visto quel fantoccio al cancello di casa? «Non sapevo cosa pensare. Ho fatto immediatamente denuncia ai carabinieri». 

Che idea si è fatto? «Non lo so davvero. Fosse capitato in un altro momento della mia vita avrei pensato ad uno scherzo di qualche bambino, ma adesso è tutto diverso. Se non ci fosse in mezzo la richiesta di nuove indagini probabilmente non avrei dato peso alla cosa».

Crede ad un’intimidazione? «Non lo so davvero. Mi sembra tutto molto strano e faccio fatica a pensare ad un caso che sia stato messo proprio alla porta di casa nostra. Non sono preoccupato, non ho paura, però voglio sapere».

Cosa dice la sua famiglia? «È tranquilla... Ci chiediamo tutti perché di questa storia»

Lei è già stato ascoltato in Procura dopo l’esposto che ha presentato l’estate scorsa parlando di un mandante del delitto di sua figlia? «Sì, ho espresso quello penso. Ho detto tutto. Ora sta a loro, sta ai magistrati».

Ha fiducia che possa davvero riaprirsi una seconda fase di indagini? «Sono fiducioso e so che stanno ascoltando tante persone. Speriamo bene anche perché credo che gli elementi alla procura non manchino. Aspettiamo e vediamo che succede».

 

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