Mensa negata alle assistenti ad personam: la protesta con un panino del McDonald's

È un panino «indigesto» quello che Katia Cigolini, assistente ad personam in servizio alla scuola elementare di Pontevico, una decina di giorni fa ha acquistato al McDonald’s e ha mangiato in mensa davanti agli studenti.
«Indigesto» per lei stessa, che avrebbe preferito consumare la pastasciutta servita a tutti i tavoli con la consapevolezza che quello trascorso a tavola debba essere «un momento educativo - sostiene -: ci adoperiamo per l’inclusione, ma siamo le prime ad essere escluse». E «indigesto» per la sindaca Alessandra Azzini che ha definito «infelice» questo atto di protesta sotto gli occhi dei bambini.
La lettera
Il caso è emerso attraverso una lettera inviata dalla Cigolini al nostro giornale e pubblicata una settimana fa. La questione, in sintesi, è questa: alle assistenti ad personam che lavorano in paese non viene consentito di usufruire del servizio mensa nonostante «l’enorme quantità di cibo che tutti i giorni viene buttata». L’anno scorso lei stessa era stata invitata a mangiare il proprio panino «fuori dalla porta - racconta - in quanto, per motivi legati alla normativa dell’Haccp, nessun tipo di cibo cucinato o preparato esternamente poteva essere introdotto in sala mensa».
Ma poi, per trovare un punto di incontro, «il Comune, in accordo con la cooperativa che gestisce i pasti, ci ha autorizzate a consumare il nostro pranzo, portato dall’esterno, in refettorio, alla faccia dell’Haccp». Quest’anno il problema si è ripresentato: «Abbiamo quindi detto al Comune che ci saremmo pagate noi il pranzo, proposta negata senza motivazione». Da qui la scelta di acquistare il panino al McDonald’s e di scrivere al Giornale di Brescia «in modo che tutti i genitori ne vengano a conoscenza: la mensa deve educare quanto una lezione. È sbagliato - sostiene - che gli alunni mi vedano mangiare altro. Mio marito, che svolge il mio stesso lavoro ad Alfianello, grazie al Comune usufruisce del servizio mensa. Alcune colleghe, in altri comuni, si pagano il buono pasto. E qui a Pontevico invece?».
La replica
Alla sua domanda risponde direttamente la sindaca Azzini: «Premesso che le assistenti ad personam non sono nostre dipendenti e che si ha diritto alla pausa pranzo con sei ore di lavoro, abbiamo applicato una deroga temporanea al divieto di portare in mensa il cibo da fuori. Temporanea perché solo il 15 novembre ho ricevuto i loro orari. Le cose potrebbero infatti cambiare presto: non escludo che, con modalità ancora da definire, il servizio mensa possa essere esteso anche a loro. Discuteremo della questione a breve con la cooperativa». Cooperativa (Il Gabbiano) che con noi, su questo tema, ha preferito non parlare.
Cosa che invece hanno fatto altre cooperative. La Tempo Libero, ad esempio, ci ha riferito che «nelle scuole della città in cui lavoriamo le assistenti ad personam pranzano in mensa. Tutto dipende da cosa prevedono gli appalti indetti dalle Amministrazioni comunali». Concetto che ci è stato confermato da La Rondine di Mazzano e dalla Cogess che dispone di «60 assistenti ad personam al lavoro in 50 scuole dalla materna alle superiori nella Valsabbia e a Desenzano: se sono in servizio durante la mensa mangiano lo stesso cibo che viene messo nei piatti a bambini e ragazzi».
Il sindacato
Il sindacalista Gianmarco Pollini della Fp Cisl cerca di fare chiarezza: «Il contratto delle cooperative non fa riferimento al servizio mensa. Garantirlo, quindi, è una facoltà, non un obbligo. Certo è, però, che nel refettorio non possono essere introdotti alimenti arrivati da fuori». Il cibo della mensa deve infatti sottostare a specifici protocolli. E, nel caso in cui emergano problemi sanitari, deve essere tracciato.
Alla luce di ciò «ci sono situazioni in cui l’assistente ad personam mangia in mensa a spese della cooperativa per cui lavora, altre in cui il Comune si fa carico della spesa, altre ancora in cui le stesse assistenti si pagano il buono pasto intero o scontato oppure mangiano in un altro locale». Ogni comune, insomma, fa da sé.
Curioso è il caso (non isolato) di Roccafranca: «Da noi il cibo arriva in grosse teglie per essere poi impiattato sul posto - racconta il sindaco Marco Franzelli -. Ogni giorno, in fase di scodellamento, ci troviamo con circa dieci porzioni in più. Porzioni che noi destiniamo volentieri alle assistenti ad personam anche se, da contratto, non saremmo tenuti a pagare loro il pranzo. Nelle nostre scuole sono una quindicina. Per il prezioso servizio che svolgono noi investiamo 160mila euro l’anno su un bilancio da 4 milioni».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
