L’autobus porta aiuti e torna a Carpenedolo con 21 profughi
Un’immensa (e concreta) dimostrazione d’amore verso il prossimo: emozioni, tra lacrime di gioia e preoccupazione. Nella giornata di mercoledì, un autobus della Bassi Tours ha portato a Carpenedolo 21 ucraini. Lo stesso mezzo che 72 ore prima era partito dalla cittadina dei carpini carico di viveri e beni di prima necessità raccolti dal Gruppo Chernobyl (attivo in via Cascina Cervo 44), nel viaggio di ritorno ha quindi visto occupati i sedili da chi fuggiva dalla guerra: qualcuno ha trovato ospitalità altrove, mentre 5 mamme e 16 bambini sono arrivati nella Bassa bresciana (probabilmente uno dei gruppi più numerosi ad oggi in provincia).
Commozione
Con loro, oltre a qualche zainetto, tanta paura mista a speranza. La si legge negli occhi di chi adesso è in salvo e prega per un futuro migliore per i cari rimasti in patria. Non a caso, «appena giunti in paese, hanno chiesto di far trovare la chiesa aperta. Entrati, sono andati all’altare della Madonna per ringraziarla di essere riusciti a scappare dal conflitto, invocando comunque al Signore la protezione su chi è ancora là e lotta per sopravvivere. Davvero commuovente»: questo il racconto del parroco, don Franco Tortelli, il quale si è reso disponibile ad accogliere i profughi senza troppi «se» e «ma». Donne e figli hanno così trovato alloggio nell’ex bar dell’oratorio, trasformato in fretta e furia in un appartamento vivibile. A tal proposito, «la sensibilità dei carpenedolesi è encomiabile: recuperando indumenti, elettrodomestici, letti e suppellettili vari, si sono prodigati in molti affinché non mancasse nulla. Credendo nella Provvidenza e considerando la celerità delle azioni intraprese, lo si può definire un miracolo», prosegue il sacerdote, che non si ferma un attimo nel coordinare la macchina della solidarietà.
Pallina
Ieri era infatti in arrivo un’altra famiglia, composta da marito e moglie, con 5 figli da uno a 9 anni: «Sono in auto da tre giorni: verranno sistemati all’interno della Casa di Nazareth dei santi Gioachino ed Anna, solitamente adibita a centro diurno per anziani. Poi ci stiamo attrezzando per ulteriori 13 posti in oratorio», dice il sacerdote. Nel frattempo, i giovani ucraini si divertono sulle giostre e scambiano sorrisi con i coetanei del paese. E il cuore si scioglie quando uno di loro allunga una mano e dona una pallina a un nuovo amico. Un piccolo (grande) gesto, che non lascia indifferente i presenti e li allontana per un attimo dagli echi dei bombardamenti.
Riconoscenza
«È bello sentirsi al sicuro», sottolinea allora Oleksander, giocatore 16enne della Nazionale ucraina di hockey su prato, di cui indossa fiero la felpa. «Stanotte ho finalmente dormito serena, nel silenzio: niente allarme delle sirene. Sebbene non capiamo la lingua ed annuiamo ai discorsi, qui abbiamo trovato persone grandiose», sottolinea allora Katia (20 anni) in un ottimo inglese. «Siamo coccolati e non smetteremo mai di ringraziare don Franco e l’intera comunità - ribadisce la signora Liana -: la gente si muove come delle piccole formichine per starci vicino. Grazie di tutto».
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