Bassa

Igor, vissuto a Brescia e morto in Ucraina: «Spero non invano»

Anna, badante a Ghedi, ricorda suo figlio, militare volontario a Bucha e Irpin: «Il corpo lasciato a terra più di un giorno»
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IGOR, MORTO PER LA LIBERTA'
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Mamma Anna dorme abbracciata al maglione rosa che il suo Igor indossava alcuni giorni prima di morire: «Non è stato lavato e ha ancora il suo profumo».

Nell’appartamento di Ghedi in cui fa la badante ci mostra le foto dei tempi felici: Igor col nipotino che tanto amava, Igor a Brescia davanti a una Ferrari, Igor in Ucraina in tenuta militare. Non riesce a darsi pace per ciò che è successo: «I russi l’hanno ucciso e il suo corpo è rimasto a terra, senza vita, per più di un giorno». È successo il 24 marzo a mezzogiorno. «E un’ora prima ci eravamo sentiti al telefono, cosa che accadeva raramente perché era solito scrivermi messaggi con poche parole: "Mamma, stai tranquilla" e il pollice in su». Lei, insieme alla figlia Oksana (ospite della parrocchia di Clusane d’Iseo con il piccolo Vlad, una parente e i suoi due figli), è stata al funerale: «Siamo arrivate nella nostra casa di Starokostyantyniv un’ora dopo la salma. L’indomani, nell’appartamento, è avvenuta la celebrazione. Poi siamo tornate a Brescia».

Una vita a Brescia

Nella nostra città Igor Matviyuk, 47 anni, ha vissuto una decina di anni. Lavorava alla Ssa Coperture ed era vicino a mamma Anna che dal 2003 fa la badante, prima a Pilzone d’Iseo e ora a Ghedi. «Qui si trovava bene, ma sentiva la nostalgia dell’Ucraina - dice -. Nel 2015 è quindi tornato in patria, dove vive mia figlia e c’è pure la mia anziana mamma, che ha 93 anni e tutt’ora non vuole lasciare il Paese. Lì faceva il muratore, lo sentivo felice». Il 24 febbraio, però, tutto è cambiato: «Alle 5 del mattino Oksana mi ha telefonato: "Mamma, hanno bombardato l’aeroporto, è guerra, è guerra". Quella sera Igor ha cenato a casa sua senza proferire parola. Era strano. Poi ha abbracciato il nipotino e, commosso, ha detto alla sorella che poche ore prima si era licenziato ed era stato al commissariato militare a chiedere di poter entrare, da volontario, in un gruppo di difesa territoriale».

Volontario nell'esercito

Detto, fatto: per qualche giorno Igor ha svolto il servizio in città, poi, con la sua macchina, ha raggiunto Kiev insieme a un amico. Quindi si sono spostati a Bucha: «La sera andava a dormire da un nostro parente - racconta -. Arrivava con i vestiti bagnati perché aiutava mamme e bambini ad allontanarsi dalla città. Il capo del suo gruppo, che ho visto al funerale, mi ha detto che ha fatto 15-17 viaggi di questo tipo: considerato ciò che è successo poco dopo a Bucha, ha salvato tante vite». La missione è poi proseguita nella zona di Irpin. Lì «collaborava con l’esercito: utilizzavano i droni».

Il 24 marzo, attorno a mezzogiorno, «erano in viaggio a bordo di due auto: tutti militari a parte l’autista, che era un volontario». Non c’erano civili, a differenza di quanto trapelato dalle prime informazioni giunge in Italia. Stando alla ricostruzione fornita dalla mamma, Igor era sul primo mezzo, seduto sul sedile del passeggero. Durante il tragitto hanno incontrato un posto di blocco con soldati russi che si fingevano ucraini. Le due auto si sono fermate. Igor ha aperto la portiera e un militare gli ha sparato. L’autista ha quindi premuto sull’acceleratore per scappare cercando, inutilmente, di afferrare il corpo senza vita del 47enne, che è caduto sull’asfalto perché la portiera era rimasta aperta.

Quel giorno con un drone i colleghi hanno sorvolato la zona e hanno visto che l’uomo era a terra. L’indomani, invece, non c’era più. Trovarlo, nei luoghi in cui vengono portate le salme, non è stato facile.

Il viaggio e il lutto

Anna ha saputo dell’accaduto dal genero. Il suo cuore, in quel momento, si è fermato: «Non ci sono parole per descrivere quello che sto provando...». Con la figlia, la donna si è messa al lavoro per trovare un passaggio fino a Starokostyantyniv: le volontarie dell’associazione Nadiya hanno individuato il furgone che, partito da Bergamo, le avrebbe portate in Ucraina. Così si sono messe in viaggio: «Siamo rimaste giusto il tempo per vederlo per l’ultima volta e partecipare al funerale. I suoi colleghi e il suo capo mi hanno parlato benissimo di lui», racconta Anna. Igor era un uomo coraggioso e determinato: «Amava la verità, era altruista: pensava sempre prima agli altri e poi a se stesso. Io sono molto orgogliosa di lui. Spero non sia morto invano: l’Ucraina deve vincere».

Il suo ricordo vivrà sempre in tanti cuori: «Il mio nipotino, 4 anni, continua a chiedere di lui, ma non abbiamo la forza di raccontargli cosa è successo. Alla domanda "Chi c’è nella tua famiglia?" Vlad risponde sempre: Igor, mamma, papà, la nonna vecchia... Ci manca tanto».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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