Dai Balcani all'Ucraina, a 85 anni macina chilometri per aiutare

Nel bene e nel male la storia si ripete. E lui, che proprio in questi giorni compie 85 anni, ha la sfortuna di riviverla. Ne avrebbe fatto volentieri a meno. Ma queste sono cose che noi umani non possiamo decidere. E allora, esattamente come trent’anni fa, ha cercato di trasformare il male in bene: s’è rimesso in marcia con camion e furgoni per portare aiuto là dove serve.
Era il 1992 quando le bombe cadevano su Sarajevo e dintorni. Il ghedese Giancarlo Rovati, che allora aveva 55 anni e una vita professionale di successo (aveva fondato la Gong, azienda leader nel settore degli impianti per la zootecnia) cominciò a macinare chilometri per portare aiuti e soccorso alle popolazioni colpite dalla guerra.
Per Fabio
Da allora Giancarlo non ha mai smesso di andare avanti e indietro: basti dire che, dal ‘92, ha fatto più di 120 viaggi nei Balcani. Ovviamente col passare degli anni la sua «opera» si è andata strutturando: per volere della madre di Fabio Moreni, il giovane volontario assassinato nel 1993 in ex Iugoslavia insieme con Sergio Lana e Guido Puletti, Giancarlo è diventato presidente della Fondazione Fabio Moreni, che ha sede a Cremona, ma, a Ghedi, dispone di un capannone di 1.7000 metri quadrati. È da qui che lui e gli altri volontari partono alla volta delle terre martoriate dalla guerra.

Da Sarajevo a Kiev
Nel 1992, dicevamo, le bombe cadevano su Sarajevo. In questi giorni, cioè esattamente trent’anni dopo, le bombe cadono su Kiev ed altre città dell’Ucraina. Giancarlo, che nel frattempo ha compiuto 85 anni e ha lasciato l’azienda di famiglia al figlio, al nipote e al socio, non ha neanche avuto bisogno di ri-iniziare la sua opera: semplicemente ha aumentato le rotte e il numero dei viaggi che faceva e continua a fare. Oltre alla ex Iugoslavia, di concerto con Caritas, Protezione civile ed altri, va e viene anche dall’Ucraina e dalla Polonia, per dare un aiuto ai profughi. «Anche se, come tutti speriamo, la guerra finisse a breve - dice - noi continueremo. Il dopoguerra sarà ancora più pesante: quando usciranno di scena i cannoni, un po’ alla volta i riflettori si spegneranno e la solidarietà comincerà a vacillare. E allora sarà ancora più dura. È accaduto in Bosnia, accadrà in Ucraina».
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