Nel lago di Garda ci sono 45 specie che non dovrebbero essere lì

Dal pesce siluro al gamberetto killer fino alle vongole cinesi: da decenni si parla delle specie aliene nel lago di Garda, cioè di quelle specie animali e vegetali non originarie del bacino d’acqua dolce più grande d’Italia e che lo abitano però stabilmente dopo esservi state introdotte dall’azione dell’uomo.
Le specie non indigene non sono necessariamente dannose ma possono diventarlo se si stabilizzano in un habitat, crescono a livello numerico e si diffondono. È infatti ormai riconosciuto dalla scienza internazionale che le specie aliene invasive rappresentano una delle principali cause di minaccia della biodiversità insieme ai cambiamenti climatici e agli impatti antropici. Questo succede in particolare negli ambienti acquatici e nei laghi, nei quali gli studiosi hanno rilevato importanti processi di colonizzazione: il lago di Garda in particolare è stato definito «punto caldo per le specie non indigene» e alcune ricerche gli hanno riconosciuto un ruolo centrale nell’introduzione a sud delle Alpi di specie aliene provenienti da zone a nord delle Alpi.
Cosa sono le specie aliene
Le specie aliene (dette anche «alloctone» o «esotiche») sono specie animali e vegetali introdotte dall’uomo in aree al di fuori della loro zona naturale. Storicamente l’essere umano ha sempre spostato alcune specie da una parte all’altra del mondo, favorendone la diffusione nel proprio territorio. In alcuni casi l’introduzione di specie aliene non provoca danni a quelle autoctone, anzi, si «naturalizzano» nel nuovo ecosistema senza alterarlo.
Il problema nasce quando la nuova specie diventa invasiva e comincia a colonizzare l’ambiente, instaurando – come succede nel lago di Garda – meccanismi di competizione alimentare con le specie autoctone o diventandone predatrice.
La situazione nel lago di Garda

Ad oggi sono 45 le specie aliene individuate nel lago di Garda. Tra le realtà che monitorano stabilmente la situazione, oltre alle Agenzie per l’Ambiente, c’è la Fondazione Edmund Mach, in Trentino. Dal 2008 la Fondazione monitora i gasteropodi (una classe di molluschi) e di bivalvi del Garda su una rete di punti sulle rive di tutto il lago. L’elenco, con la raccolta di rilevazioni e segnalazioni, viene aggiornato da tredici anni da due ricercatrici del Centro di trasferimento tecnologico della Fondazione, Francesca Ciutti e Cristina Cappelletti. «Nel 2011 avevamo fatto un primo punto e avevamo rilevato 37 specie – dicono –. Nel 2017 erano 42 e ad oggi sono 45. Le ultime segnalazioni sono tre specie di bivalvi: Corbicula largelliertii, Corbicula leana e Dreissena bugensis».
Le specie più invasive
Non tutte le specie aliene presenti nel Garda sono invasive. Spiegano Ciutti e Cappelletti: «Esiste la “regola del dieci”: di 10 specie che possono arrivare in un ambiente, una si stabilizza; di 10 specie stabilizzate, una diventa invasiva».
Tra quelle con un possibile impatto sulle specie autoctone le ricercatrici ne indicano in particolare sei: il gambero americano (Faxonius limosus) e il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), che hanno «presumibilmente determinato la scomparsa del gambero autoctono, il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes)»; il pesce siluro per la sua attività di predazione; la pianta acquatica Lagarosiphon major che minaccia le altre piante acquatiche; un piccolo crostaceo – il gamberetto Dikerogammarus villosus – che «ha portato a una drastica riduzione del gamberetto autoctono Echinogammarus stammeri, per cui vi è stata una sostituzione di una specie “detritivora”, che si nutre cioè di materiali organici in decomposizione, con una predatrice in grado di predare anche uova di pesci»; il bivalve Dreissena bugensis, che può portare a modifiche degli habitat colonizzando i fondali limosi e ghiaiosi, e, insieme alla Dreissena polymorpha, incrostare tubature e manufatti.
Quando è cominciato il fenomeno
Le specie aliene possono arrivare in un territorio in maniera accidentale, magari attaccate alla chiglia di un’imbarcazione, come si sospetta sia accaduto per la Dreissena polymorpha, conchiglietta bivalve che nel 1971 fu segnalata per la prima volta nel Garda. È stata la prima specie aliena e invasiva individuata nel Benaco. «Probabilmente arrivò già negli anni Sessanta – spiega il vicepresidente della Comunità del Garda, Filippo Gavazzoni, che da anni si occupa di questo fenomeno –, attaccata alle barche dei primi turisti». Detta anche cozza zebrata, la Dreissena polymorpha è originaria del mar Caspio ed è considerata tra le 100 specie più invasive e pericolose al mondo. Nel Duemila è poi stata individuata la vongola d’acqua dolce originaria dell’Asia (Corbicula fluminea), la Corbicula leana dalla Corea e dall’arcipelago giapponese, la Corbicula largillierti e la cozza cinese dello stagno (Sinanodonta woodiana).
L’ultima specie aliena censita nel Garda è stata invece individuata in tempi più recenti ed è la cozza quagga (Dreissena bugensis), un mollusco mai rilevato prima in Italia e trovato nel febbraio e nel marzo del 2022 a Castelletto di Brenzone e a Bardolino, sulla riviera veronese. È una specie originaria del fiume Dniepr, che nasce in Russia e sfocia nel Mar Nero dopo aver percorso l’Ucraina. La Dreissena bugensis è una specie altamente invasiva: nel lago di Costanza, per esempio, è stata in grado di soppiantare anche le specie aliene precedentemente presenti, colonizzando velocemente l’intero ambiente.
«Tra l’individuazione della prima e dell’ultima specie aliena nel Garda – continua Gavazzoni – è trascorso mezzo secolo. Questo per dire che il fenomeno è in continua evoluzione».
Come sono arrivate le specie
Ma come sono arrivate nel lago le specie aliene? Per la Dreissena polymorpha è stato acclarato l’arrivo tramite gli scafi delle imbarcazioni che dall’Est Europa arrivavano nei laghi tedeschi e da qui al Garda, lungo le rotte del turismo. Così è stato per le altre specie, che hanno viaggiato aggrappate a carene, motori, ancore o cime, oppure nelle acque di sentina contaminate o attaccate agli attrezzi di pesca.
Secondo Ciutti e Cappelletti, «la vocazione turistica internazionale dell’area gardesana e la diffusione di sport acquatici (imbarcazioni da diporto, regate, attività subacquea) favoriscono il trasporto involontario di specie acquatiche». La comunità scientifica concorda quindi sul fatto che è possibile limitare la diffusione delle specie aliene acquatiche con il trasporto involontario anche attraverso la sanificazione di barche e attrezzature. «La drastica riduzione (o l’annullamento) delle introduzioni volontarie ed involontarie è infatti fondamentale – dicono –. Quando una specie è acclimatata o addirittura invasiva possono scattare solo misure di contenimento, che sono complesse e onerose in ambienti di limitate dimensioni».
La proposta di legge
Già nel Contratto di Lago siglato dai sindaci del Benaco a ottobre 2019 (è il documento che traccia le linee guida per una gestione concertata del patrimonio idrico, dell’ecosistema, del paesaggio e della biodiversità del Garda) fu indicata la necessità di introdurre l’obbligo della sanificazione delle carene delle barche provenienti da altri bacini per arginare l’invasione aliena. Se ne occupa da anni Filippo Gavazzoni, che sta per vedere ripagati gli sforzi profusi per convincere a legiferare Regione Lombardia, Regione Veneto e Provincia Autonoma di Trento: il Garda è diviso fra tre regioni e pertanto servirà un testo interregionale. Sarà la prima legge di questo tipo in Italia, che però è parecchio in ritardo rispetto al resto d’Europa, dove in numerosi laghi è obbligatorio da tempo sanificare le carene e i motori per evitare bio-contaminazioni.
Regione Veneto ha già approvato la bozza di legge e l’iter ora ha preso il via anche in Trentino e in Regione Lombardia, su iniziativa del consigliere leghista Floriano Massardi. «L’obiettivo – dice Gavazzoni – è avere la legge pronta per fine anno in modo che possa entrare in vigore nel 2025».
Come funziona la sanificazione delle barche
A livello pratico la sanificazione è una pratica piuttosto semplice da attuare con una normale idropulitrice e un getto d’acqua ad alta temperatura, senza l’utilizzo di detergenti e sostanze chimiche, avendo l’accortezza di scaricare in un tombino collegato alla rete fognaria, e non nel lago, le acque di scolo della sanificazione.
È un’operazione che richiede pochi minuti e per la quale tutti i porti e le marine del lago sono già attrezzati.
I costi: 20 euro per le barche fino a 12 metri, 40 per quelle tra i 12 e i 24 metri e 70 per i natanti oltre i 24 metri. A pulizia conclusa il natante otterrà un apposito contrassegno che certifica l’avvenuta sanificazione. Per chi non ne sarà provvisto sono previste multe oltre i duemila euro.
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