Caffaro, per la Corte di Giustizia Ue LivaNova deve 453 milioni di danni
Lo aveva sancito la Corte d’Appello di Milano, lo ha ribadito il Tar. Ora, però, a dirlo è anche la Corte di Giustizia dell’Unione europea: una scissione societaria non può essere un mezzo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti commessi da un’impresa, a spese dello Stato o di altri soggetti. Che tradotto significa: LivaNova, la multinazionale nella quale è confluita Sorin Spa (ex Snia) con tutti i suoi utili e profitti derivati anche dall’attività della Caffaro di via Nullo, dovrà sborsare oltre 453 milioni di euro di danni ambientali, 453.587.327,48 euro per la precisione, per l’inquinamento che ha avvelenato non solo Brescia, ma anche Torviscosa e Colleferro (bacino del Fiume Sacco). Non a caso tutte e tre le aree sono diventate Siti di interesse nazionale.
La sentenza Ue era attesa da anni ed era stata richiesta dopo che la società ha impugnato il provvedimento in Cassazione. A sua volta la Cassazione ha deciso di sottoporre la questione alla Corte e di sospendere il procedimento fino al verdetto.
E la risposta, adesso, è arrivata attraverso il dispositivo della causa C-713/2022, nella quale si stabilisce che la multinazionale (LivaNova) dovrà provvedere al risarcimento del danno provocato. Perché - esattamente come era stato stabilito in via definitiva dal Tribunale di Milano - vale il principio «chi inquina paga».
Responsabilità
LivaNova ha sede legale a Londra con numerose succursali in tutto il mondo (una anche in Italia, a Milano) e opera nel settore della tecnologia e innovazione medica. Ma qual è il legame con la nostra vecchia Caffaro? Societario: è infatti nata nel 2015 dalla fusione tra Cyberonics e Sorin, società che è stata scorporata nel 2003 da Snia, il colosso della chimica ritenuto direttamente responsabile della contaminazione della nostra provincia «mediante il conferimento di un ingente patrimonio che avrebbe dovuto essere destinato agli interventi di bonifica» come si legge anche nella relazione del Ministero dell’Ambiente.
«La responsabilità solidale delle società beneficiarie - si legge nella sentenza della Corte - si applica anche agli elementi di natura indeterminata, come costi di bonifica e danni ambientali constatati, valutati o definiti dopo la scissione, se derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione. Altrimenti l’operazione di scissione potrebbe costituire un mezzo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti eventualmente commessi dall’impresa a discapito degli Stati».
Il Sin Caffaro, in questo senso, fa dunque da caso scuola, grazie alla sentenza (storica) della Corte d’Appello di Milano e grazie al lavoro amministrativo eseguito dietro le quinte, per anni, dall’ex commissario liquidatore Marco Cappelletto: sono state le sue pratiche a consentire al Ministero di mettere in moto una causa civile avviata da Roma, mentre a Brescia il Comune ha sempre scelto di non costituirsi parte civile.
Le ripartizioni
Quello legato al Sito di interesse Brescia-Caffaro è senza dubbio il conto più salato per LivaNova. Ed era stata la stessa sentenza della Corte d’Appello a riportare la sintesi dei costi e delle attività associate alla «riparazione del danno ambientale causato dalle attività delle società riconducibili al gruppo Snia nel sito di interesse nazionale Brescia-Caffaro»: 137.860.674,61 euro per riparazione primaria, 109.989.258,86 per capitale fruttifero e 2.136.015,29 per riparazione compensativa. Totale: 249.985.948,76 euro.
Le voci del risarcimento includono anche i cento ettari di terreni agricoli compresi nel Sin, quelli cioè tra via Milano, la tangenziale ovest e la ferrovia: a queste aree sarebbero destinati 15 milioni di euro con i quali realizzare gli interventi di bioremediation, vale a dire piantumazioni in grado di assorbire e degradare i Pcb (i policlorobifenili, le sostanze tossiche che rappresentano l’impronta digitale dell’inquinamento causato dalla vecchia Chimica), un procedimento ipotizzato all’interno dello studio redatto dall’Ersaf che stima i tempi di risanamento in sessant’anni.

Altri 26 milioni sono stati poi chiesti per i 359 ettari di campi compresi tra la zona industriale di via Labirinto e Capriano del Colle. È bene ricordare che non tutta la cifra destinata a Brescia è da considerare «a disposizione» della città, a cui - a conti fatti - potrebbero restare circa una trentina di milioni. Non andrà cioè sommata direttamente ai fondi già stanziati per la bonifica del sito industriale. Il Ministero, infatti, calcola che parte del risarcimento che si appresta ad incassare da LivaNova (che nel frattempo era già stata costretta dal Tar a versare la fideiussione) lo ha già anticipato proprio attraverso gli stanziamenti erogati in questi anni.
Certo è che, ora, si apre una fase istituzionale tanto delicata quanto importante: la trattativa su come impiegare questi soldi. Da un lato, ci sarebbero i cittadini da risarcire, rimasti di fatto con un pugno di mosche in mano. Dall’altro lato le ferite lasciate in eredità da Caffaro non si fermano al solo capoluogo: hanno raggiunto la Franciacorta. E sul tavolo delle istituzioni resta il pesante dossier della discarica Vallosa.
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