Caffaro, Maione avvia il piano aree agricole. E su Vallosa chiama Roma: «Servono fondi»

Il Consorzio Oglio Mella realizzerà il progetto sui 30 ettari entro la primavera. Chiesti anche i primi 20 milioni di euro per la discarica di Passirano
Una veduta aerea del Sito Caffaro - © www.giornaledibrescia.it
Una veduta aerea del Sito Caffaro - © www.giornaledibrescia.it
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Quello dei cittadini che hanno subito sulle proprie spalle (e nei propri portafogli) i danni dell’inquinamento della vecchia Caffaro Chimica è un capitolo rimasto «sigillato» (e dimenticato) per 23 anni.

E ora, grazie anche alla complicità di un «effetto collaterale» che la bonifica dell’area di via Nullo avrebbe potuto lasciare in eredità, la questione aree agricole non solo è sui tavoli istituzionali, ma è al centro di un progetto concreto munito di fondi e di una regia ben definita.

Effetti collaterali

Obiettivi e grattacapi, per una volta, hanno trovato un’intersezione (almeno sulla carta) a lieto fine. Da un lato, la Regione - attraverso l’assessore all’Ambiente Giorgio Maione - intende riutilizzare quei campi agricoli (30 ettari) con un mix di funzioni in grado di creare un piccolo indotto per i titolari, rimasti senza nulla per decenni.

All’orizzonte ci sono attività di fitorimedio compatibili con le contaminazioni presenti, l’agrivoltaico e il bosco urbano, ossia la creazione di fasce protette: tre vocazioni che andranno a convivere e che possono generare per i proprietari dei campi un reddito (incassando il canone d’affitto delle aree). Dall’altro lato, c’era l’esigenza del Consorzio Oglio Mella di «salvare» il reticolo idrico minore. Perché? Perché ad alimentare la portata del canale che parte dalla Caffaro, costeggia via Labirinto e traguarda all’altezza del depuratore di Verziano è l’acqua «generata» dai pozzi della barriera idraulica della ex Chimica di casa in via Nullo, acqua che «serve» circa 400 ettari di terreni.

Nel momento in cui la prima fase della bonifica si completa (stando al cronoprogramma si parla di cinque anni), la barriera idraulica si dovrebbe spegnere definitivamente. Non sarà più così, altrimenti il reticolo idrico in estate rimarrebbe completamente a secco: il Consorzio Oglio Mella diventerà dunque il gestore (anche in chiave economica, con bolletta a carico) di quei pozzi.

L’accordo

Si arriva così all’atto formale: l’accordo di collaborazione siglato tra l’Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste e il Consorzio: Regione trasferisce poco più di 40mila euro all’ente (fondi rimasti in cassa dal progetto di Ersaf sul fitocontenimento nel Sin) che, a sua volta, realizzerà entro la primavera uno studio di fattibilità tecnico-economica relativo ai terreni.

E i privati? Rientrano appieno in questa partita: la gran parte sono infatti associati del comprensorio Oglio Mella che diventerà il «federatore» di questa partita, creando una sorta di «consorzio nel consorzio» per quel che riguarda il capitolo aree Caffaro, così da garantire a ciascun proprietario un indennizzo o una rendita. Una volta ultimato lo studio e realizzato il masterplan, la strada al momento più accreditata è quella di un bando pubblico per consentire ai tanti operatori (specie nell’ambito del fotovoltaico) di farsi avanti. Ma non è neppure escluso che a far parte della partita sia (anche) il Consorzio stesso: dovendo sobbarcarsi la spesa dei pozzi (ossia la bolletta della barriera idraulica), l’idea di costituire una Comunità energetica potrebbe farsi largo.

«Dopo un anno di approfondimenti e valutazioni degli scenari percorribili, entriamo nella fase della concretezza - sottolinea l’assessore regionale Maione -. Fondamentale è stata la triangolazione fra i tre enti: Regione, Ersaf e Consorzio Oglio Mella, un attore pubblico che costituisce per tutti una garanzia. Questo è il primo atto concreto che si compie sul tema aree agricole, un fronte al quale tenevo particolarmente e che finalmente presta attenzione ai privati».

Trattandosi di un Sin, il ruolo chiave di coordinamento e supervisione lo ricoprirà il commissario straordinario Mauro Fasano, ma fondamentale è anche la collaborazione del Comune di Brescia. Sulla scorta dello studio di fattibilità, infatti, l’obiettivo è redigere un piano d’area armonico e, soprattutto, governato da regole che mettano al sicuro quei terreni da speculazioni. Un iter che riguarderà da vicino la Loggia, a cui sarà affidato il percorso urbanistico di un’operazione finora mai immaginata.

Vallosa

La chiamano «la fase 3» del dossier Caffaro. Ma ora che i primi due atti (tradotto: la gara per il risanamento della ex cittadella industriale di Brescia e l’affaire aree agricole) sono «instradati e avviati», Passirano ha scalato l’elenco delle priorità ed è salito al primo punto delle urgenze nell’agenda riservata al Sito di interesse nazionale. Lo zoom è posizionato sulla discarica Vallosa, dove la luce rossa è rimasta accesa sulla scia delle ultime analisi condotte dall’Arpa di Brescia.

E ora, con quelle relazioni alla mano, l’assessore regionale all’Ambiente Giorgio Maione ha azionato la macchina insieme più importante e più complessa (come complessa, da sempre, è rimasta la burocrazia che resta appiccicata ai troppi casi di inquinamento ambientale): quella dell’interlocuzione con Roma.

Non solo Pcb

La Regione, insomma, ha iniziato a battere cassa: «Ho formalizzato la richiesta di finanziamento al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica - conferma Maione -: è diventato urgente e fondamentale risolvere la questione della discarica Vallosa. Per questa ragione ho chiesto i primi 20 milioni di euro».

Uno dei piezometri collocati nella discarica della Vallosa di Passirano, che fa parte del Sin Caffaro - © www.giornaledibrescia.it
Uno dei piezometri collocati nella discarica della Vallosa di Passirano, che fa parte del Sin Caffaro - © www.giornaledibrescia.it

I primi, perché molto probabilmente il conto salirà. Nonostante sia stata completata la realizzazione del capping (una sorta di «copertura» che non isola però del tutto i rifiuti pericolosi interrati in Franciacorta per decenni dalla vecchia Caffaro chimica e non solo), gli inquinanti restano infatti ancora un fronte aperto: per questo servono «azioni più incisive». A chiederle sono da tempo i comitati (con Legambiente in prima fila), ma anche le conclusioni a cui arriva l’Arpa vanno nella stessa direzione: così com’è, quella discarica non va bene perché l’inquinamento sta viaggiando nelle acque. La cartina tornasole sta negli ultimi dati raccolti dai professionisti dell’Agenzia.

Nella prima falda, a differenza di quella profonda, i Pcb non «si fermano» al doppio rispetto al valore massimo, ma sono ben dieci volte sopra i limiti stabiliti dalla legge. E, soprattutto, sono in «cattiva compagnia»: a comporre il cocktail di veleni ci sono anche boro, nichel ed esaclorocicloesano alfa (fa parte della classe dei composti organici clorurati). Obiettivo bonifica, dunque? L’intenzione dell’assessore regionale è questa. Ma - specifica - «sarà essenziale il confronto con i sindaci del territorio per capire come coordinare le operazioni». Sindaci che Maione intende riunire attorno a un tavolo «entro la metà di luglio».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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