Ambiente

«Ambiente: i bimbi di oggi non devono pagare le nostre colpe»

Marco Cattaneo, direttore di National Geographic Italia, parla dei rischi ambientali. Sabato sarà a Nave
I danni del clima che cambia: alberi abbattuti in Alto Adige in seguito al maltempo
I danni del clima che cambia: alberi abbattuti in Alto Adige in seguito al maltempo
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Marco Cattaneo conosce bene i paesaggi del mondo e i pericoli che corrono a causa dell’impatto umano sul pianeta. È il direttore di National Geographic Italia e sabato 25 luglio inaugurerà a Cortine di Nave la rassegna «Oro in bocca», promossa dalla Fondazione Provincia di Brescia Eventi: incontri mattutini con poeti, giornalisti, attori, e studiosi della natura, preceduti da brevi camminate nel verde. L’appuntamento, confermato anche in caso di pioggia, è alle 9.30 a Villa Zanardelli di Cortine (prenotazione obbligatoria via mail a prenotazioni.oroinbocca@gmail.com o telefonicamente allo 030.2906403).

In questa intervista, Cattaneo anticipa alcuni temi della conversazione: intende lanciare un avvertimento sui rischi ai quali andiamo incontro se non sapremo gestire in modo meno avido le risorse che abbiamo a disposizione.

Cattaneo, i segni del cambiamento climatico sono ormai visibili anche nelle nostre terre…
Sì, e lo sa soprattutto chi lavora nell’agricoltura perché quello è il sistema più fragile. Sono cambiate le stagioni, è cambiato il tempo della maturazione della frutta, dei raccolti e della vendemmia. Un esempio vicino a noi è Ferrari, uno dei maggiori produttori italiani di bollicine, che sta spostando le sue vigne dal fondovalle di Trento sempre più sui versanti delle montagne. E ricordo che due anni fa proprio qui nel nord Italia si è verificato un grande disastro ambientale con la caduta di milioni di alberi.

Come dobbiamo affrontare le nuove sfide?
È necessaria maggiore capacità previsionale rispetto a quella che abbiamo dimostrato con la pandemia da coronavirus. Virologi di fama mondiale da 15 anni avvertivano che nei pipistrelli della Cina ci sono coronavirus che potrebbero fare il salto di specie, come fece la Sars. Non sono stati ascoltati. Lo stesso accade col cambiamento climatico: da 40 anni i climatologi avvertono che l’impatto umano sul clima è tutt’altro che trascurabile. Nel giro di qualche decennio il clima sulla Terra non sarà lo stesso che ci ha permesso di costruire questa civiltà. Quindi bisogna correre ai ripari. Non voglio che fra 30 anni la generazione di mia figlia debba subire il peso di ciò che era stato previsto.

Dirige l’edizione italiana di National Geographic da dieci anni: quanto ha visto cambiare i paesaggi che raccontate?
Il mutamento è visibile. Forse non è finito il petrolio, come si diceva negli anni Settanta, ma ce n’è sempre meno, è sempre più difficile da estrarre e inoltre ha fatto danni inenarrabili. L’impatto umano, poi, non incide solo sul clima, ma è estremamente esteso. Faccio un esempio: l’anno scorso uno studio molto importante ha spiegato che il drenaggio dei fiumi per trarne ghiaia da costruzione ha raggiunto livelli tali per cui noi dreniamo più ghiaia di quanto tutti i fiumi della Terra riescano a ricostruirne nell’arco di un anno.

Abbiamo superato i limiti di tolleranza del pianeta?
Senza dubbio. E queste cose dovrebbero essere recepite adesso. Se è vero, come si prevede, che fra 30 anni ci saranno 10 miliardi di persone al mondo, bisognerà rendere più efficiente l’agricoltura, il che non significa necessariamente renderla più intensiva. Bisognerà ridurre i nostri sprechi, perché questo mondo non può ospitare 10 miliardi di predatori di vertice che consumano suolo in maniera smisurata. Due quinti della superficie della Terra non occupata dai ghiacci sono coperti da terreni agricoli o pascoli per gli animali d’allevamento. Non si tratta di rinunciare al nostro stile di vita, ma di essere più efficienti nel modo in cui consumiamo risorse.

Ci sono anche segnali che fanno sperare in un possibile cambio di direzione?
La speranza dipende da noi, perché i governi faranno quello che le persone chiedono. Prima che si fermasse tutto a causa del Covid-19, il movimento dei giovani Friday for Future aveva coinvolto così tanti milioni di ragazzi in tutto il mondo, da lasciare un segno sulla necessità di intervenire subito. Dipende anche dalle scelte individuali: una dieta moderata nel consumo di carne bovina riduce il nostro impatto sul pianeta, perché servono diecimila litri d’acqua per produrre un chilo di carne rossa.

Si può cambiare senza compiere scelte radicali?
Sì, ma questo deve avvenire prima che sia la natura stessa ad imporcele. La possibilità di produrre cibo per tutti c’è. Dobbiamo saper garantire benessere e salute a tutti, ma assicurarli anche a questa nostra Terra.

 

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