«Quando le donne mi lasciano, mi si annebbia la vista»

Enrico Ugoletti di Nave, quattro condanne e 15 anni da scontare: «Ho proprio sbagliato tutto»
Vittime. In costante aumento il numero di donne oggetto di stalking
Vittime. In costante aumento il numero di donne oggetto di stalking
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Quattro condanne sulle spalle, quindici anni da scontare, due già trascorsi in carcere e tre ai domiciliari. Sempre e solo per lo stesso reato. Stalking.

«Ma non mi sento uno stalker seriale come vengo definito» si difende Enrico Ugoletti, bresciano di Nave, 33 anni. In tasca due lauree e un romanzo praticamente ultimato. «Sulla caccia alle streghe in Vallecamonica perché nel 2018 saranno trascorsi 500 anni». La sua vita è fin qui segnata da un’altra caccia. Alle donne.

«Ho cercato le ragazze in modo ossessivo e compulsivo, ma al massimo una settimana, dieci giorni e per me lo stalker è chi va avanti per molto più tempo». Lui e i giudici. Non la pensano così i giudici dei quattro processi che ha affrontato. L’ultima condanna, sette anni e otto mesi, è stata annullata per un vizio procedurale, ma dovrà tornare in aula. Vittima è stata una ragazza dalla quale ha avuto pure un figlio. «È l’unica che amavo veramente» dice. «Mi sarei sposato con lei. Ma...». Ma lo stalker che c’è in lui è uscito ancora una volta e ha rovinato tutto. «Sono stato lasciato dal giorno alla notte. Tra noi c’erano gelosie reciproche e una sera stava scrivendo dei messaggi ad un amico che ritenevo equivoci e mi sono arrabbiato tantissimo. L’ho picchiata è vero, ma è stato un raptus e ho capito già il giorno stesso che avevo sbagliato». Troppo tardi. E così è tornato in carcere, epilogo di una lunga serie di provvedimenti.

Le denunce. «Ammonimenti del questore e denunce non sono deterrenti» sostiene. «Ti fanno arrabbiare ancora di più e sarebbe meglio obbligare una persona a sottoporsi ad una seduta da uno psichiatra». Peccato però che il suo auspicio si scontri con una legge che non lo permette. Il 33enne attualmente è a casa sottoposto all’obbligo di dimora dopo che da una settimana gli sono stati revocati gli arresti domiciliari. Incompreso. «Mi sento incompreso dalle donne. Non ho mai nascosto alle ragazze di essere stato in carcere. Dopo il terzo caffè sapevano tutto. Quando mi lasciano mi si annebbia vista e voglio a tutti i costi una spiegazione. Loro magari staccano il telefono per qualche giorno, ma io non lo accetto. E così mi arrabbio, in alcuni casi le ho prese a schiaffi, ho urlato. Le ho anche minacciate pesantemente. Ma era una cosa momentanea, un raptus del quale mi pentivo qualche ora dopo».

Non cerca scorciatoie Enrico Ugoletti e appare consapevole di aver oltrepassato troppo spesso i limiti. «Mi aspetto tanto dalle ragazze che frequento, quando le aspettative vengono meno sento una frattura dentro, mi crolla il mondo addosso e le ricerco in quel modo. Le tempesto di telefonate, e sono arrivato anche a 500 chiamate al giorno. Così per una decina di giorni e poi sparisco. A quel punto il silenzio spaventa le ragazze più di messaggi e delle telefonate».

Disperato. «Avevo anche chiesto alla mia compagnia telefonica di bloccarmi il telefono per impedirmi di chiamare». Tra un libro e l’altro, «ho vissuto in università e chiuso nella mia torre d’avorio non ho coltivato rapporti esterni». Ugoletti prova ad immaginare il futuro. «Mi vedo sposato e con una famiglia. Leggo le sentenze a mio carico e mi rendo conto di aver sbagliato e di aver terrorizzato le ragazze con le quali stavo. Spero di non ricadere in una situazione del genere, ma non tanto per la paura del carcere perché in quei momenti di rabbia non pensi alla cella. Spero di non ricaderci per me e per la persona che mi sarà a fianco».

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